“Quando mi guardo intorno mi sento in prigione. Qui non possiamo fare niente, voglio sentirmi libero”, dice Fereidoun Hagdoust, profugo afgano bloccato in Serbia.

Due recinti paralleli alti quattro metri sorgono lungo il confine di 175 chilometri tra la Serbia e l’Ungheria, per impedire l’ingresso ai migranti che cercano di raggiungere l’Europa passando per la rotta balcanica. La prima barriera, un filo spinato, è stata costruita nel 2015. La seconda, dotata di sensori che danno scosse elettriche, è stata completata nel marzo del 2017.

Un mondo di muri è una serie del giornale brasiliano Folha de S. Paulo sulle barriere costruite per chiudere i confini, fermare i migranti o nascondere la povertà. Nel 2001 ne esistevano 17, oggi sono 70.

Da sapere:
La prima barriera è stata costruita dal primo ministro ungherese Viktor Orbán nel 2015, quando oltre quattrocentomila migranti hanno attraversato l’Ungheria per raggiungere altri paesi europei. Dopo la costruzione della recinzione e l’accordo firmato tra l’Unione europea e la Turchia nel marzo del 2016, il numero di migranti sulla rotta dei Balcani è notevolmente diminuito. Tuttavia molti richiedenti asilo sono ancora bloccati nei campi in Grecia (oltre 60mila) e in Serbia (oltre seimila).

L’attesa per il riconoscimento dello status di rifugiato può durare fino a due anni e per i cittadini di alcune nazionalità – come Afghanistan, Pakistan e Bangladesh – è più difficile da ottenere. Per questo decine di migranti provano ogni giorno a passare la frontiera illegalmente. Per intercettare e bloccare le persone che attraversano il confine senza autorizzazione, il governo ungherese ha costruito una seconda barriera e ha creato una divisione della polizia chiamata Cacciatori di frontiera.

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