Nel 2023, l’invasione del Nagorno Karabakh da parte dell’Azerbaigian ha riportato la regione, abitata da secoli da armeni e già teatro di un sanguinoso conflitto dopo la caduta dell’Unione Sovietica, sotto il controllo del governo di Baku. La guerra ha provocato l’esodo forzato di oltre 120mila persone verso il sudest dell’Armenia. Il paese si trova così ad affrontare un’emergenza umanitaria e finanziaria senza precedenti, dovendo garantire casa, cibo e assistenza sanitaria a migliaia di rifugiati.
Intanto, dopo il cessate il fuoco mediato dalla Russia, i negoziati di pace tra Armenia e Azerbaigian per la definizione del confine tra i due paesi restano molto complicati e una nuova escalation non si può escludere.
Il video reportage di Cecilia Fasciani, Alberto Zanella e Clara Leonardi.
Al momento della nascita dell’Unione Sovietica il territorio del Nagorno Karabakh fu assegnato alla repubblica dell’Azerbagian, anche se abitato in larghissima maggioranza da armeni.
Con la disgregazione dell’Urss, nel 1991, le repubbliche sovietiche diventano stati indipendenti e il 2 settembre la regione annuncia la secessione dall’Azerbagian, autoproclamandosi repubblica dell’Artsakh (non riconosciuta dalla comunità internazionale). Il 26 novembre l’Azerbaigian annulla il regime di autonomia per la regione, dando inizio alla fase più intensa del conflitto per il controllo dell’area, conosciuto come guerra del Nagorno Karabakh (1991-1994), che provoca circa 30mila morti e centinaia di migliaia di profughi, soprattutto azeri, costretti a fuggire dalla regione in Azerbaigian.
Il cessate il fuoco del 1994 firmato a Biškek, capitale del Kirghizistan, è una vittoria per l’Armenia, che prende anche il controllo di una parte dei territori azeri al confine con il Nagorno Karabakh.
Il conflitto rimane latente fino alla “guerra dei quattro giorni”, nel 2016, che si conclude con la mediazione della Russia.
Il 27 settembre 2020 un’offensiva azera scatena la seconda guerra del Nagorno Karabakh, un’intensa escalation militare di 44 giorni che si conclude con la vittoria dell’Azerbaigian. Baku riconquista alcuni territori persi nel 1994 e anche diverse aree della repubblica dell’Artsakh. Il cessate il fuoco è siglato il 10 novembre, sotto la supervisione di Mosca.
Nel 2022 nuovi scontri armati riaccendono le tensioni sui confini. Nell’estate del 2023 Baku blocca le vie d’accesso alla regione, provocando una crisi umanitaria. Il 19 settembre 2023 l’Azerbaigian attacca il Nagorno Karabakh, bombardando la capitale Stepanakert e i territori circostanti. Il giorno successivo arriva la resa armena e si raggiunge un accordo per un cessate il fuoco. Nei mesi successivi la comunità armena terrorizzata abbandona la regione. Centoventimila profughi vengono accolti nella vicina Armenia.
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