I registi Steven Dhoedt e Choi Wooyoung raccontano il loro documentario sul sistema scolastico sudcoreano.
“La commissione ribadisce la preoccupazione che la natura fortemente competitiva del sistema educativo sudcoreano ostacoli lo sviluppo del potenziale dei bambini”. Così si espresse nel 2003 la commissione delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia, ed è questo il tema centrale del nostro film.
Statisticamente, è evidente che la pressione subita dagli studenti coreani è più che problematica. La Corea del Sud ha il più alto tasso di suicidi tra i paesi dell’Ocse e, tra il 2007 e il 2009 , il suicidio è stata la causa principale di morte per gli studenti tra i 15 e i 24 anni di età. Il ministero dell’istruzione è consapevole del problema causato dall’enfasi sui risultati e ha avviato diversi tentativi di riforma, ma con scarso successo.
Il trailer di Reach for the sky
La vera causa infatti non va cercata in un sistema educativo scadente, ma nella società coreana: nulla cambierà finché la laurea in un’università prestigiosa sarà considerata uno status symbol dai genitori e un fattore decisivo per trovare lavoro. È necessario un cambio di mentalità, ma ci vorrà del tempo.
Reach for the sky parla di una società in cui l’istruzione è diventata un business colossale, grazie alla sua ossessione per i risultati e la reputazione; di una cultura in cui l’istruzione è diventata importante quanto il modello di auto che guidi o le dimensioni del tuo appartamento; in cui le madri si dedicano al ruolo di addette all’educazione dei figli, investendo nello studio tutto il tempo disponibile.
Il documentario Reach for the sky sarà proiettato al cinema Boldini durante il festival di Internazionale a Ferrara. La rassegna Mondovisioni è a cura di CineAgenzia.
Questo articolo è stata pubblicato il 9 settembre 2016 a pagina VII di Internazionale con il titolo “Gioventù negata”. Compra questo numero | Abbonati