Il 13 maggio del 1939 il transatlatico St. Louis salpava da Amburgo con a bordo 937 profughi, in grandissima parte ebrei tedeschi, in fuga dalle persecuzioni naziste.

Settimane dopo, all’arrivo a Cuba, il governo non concesse ai passeggeri della nave il permesso di sbarco né come turisti, né come rifugiati politici, e solo 22 di loro riuscirono a scendere a L’Avana. Sperando di poter raggiungere le coste degli Stati Uniti, la St. Louis venne respinta una seconda volta, e neanche il Canada accettò di soccorrerla.

Il capitano del transatlantico, il tedesco Gustav Schröder fece di tutto per proteggere i profughi. Si rifiutò di restituire la nave alla Germania e convinse gli ufficiali statunitensi a collaborare con i governi europei per trovare una soluzione. Così, quando la nave raggiunse Anversa, il 17 giugno 1939, il Regno Unito accettò di accogliere 288 passeggeri, mentre i restanti 619 finirono in Francia (224 persone), Belgio (214) e Paesi Bassi (181). Secondo il museo United States holocaust memorial, di questi 619 sopravvissero alla guerra in 365, mentre gli altri persero la vita (molti dopo essere stati deportati ad Auschwitz e a Sobibor).

La vicenda della St. Louis è ricordata in diversi monumenti e musei del mondo, e ha ispirato libri e un film (Il viaggio dei dannati di Stuart Rosenberg, 1976). Alla fine della seconda guerra mondiale il comandante Schröder ricevette l’Ordine al merito di Germania.

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