Il 28 gennaio 2016 il consiglio dei ministri italiano ha approvato un disegno di legge sul cinema (Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo) che prevede, tra l’altro, la costituzione di un nuovo fondo autonomo con risorse di almeno 400 milioni di euro, incentivi fiscali e contributi automatici per giovani autori e per chi investe in nuove sale e a salvaguardia di cinema, teatri e librerie storici.
Eppure a Roma sono già una quarantina le sale chiuse e abbandonate, alcune di notevole valore storico e architettonico. Sono più di ottanta se si includono quelle trasformate in bingo, supermercati, chiese, negozi, hotel, palestre, banche, sale da ballo, spazi occupati e perfino in una sinagoga e in una sede della massoneria.
L’ultimo ad arrendersi, in ordine cronologico, è stato il cinema Alcazar, a Trastevere, che ha chiuso i battenti il 31 gennaio.
La crisi delle sale cinematografiche, cominciata negli anni ottanta, si è inasprita nell’ultimo decennio. Molte le cause: di certo l’avvento prima delle videocassette, poi dei dvd e infine delle piattaforme che consentono di vedere i film in streaming o di scaricarli. A monte c’è però una politica che non ha saputo, o forse voluto, valorizzare il ruolo culturale, sociale ed economico delle sale cinematografiche e che si è accompagnata a un’incapacità di rinnovamento nella proposta da parte degli esercenti.
Giovanni Corsi ha scattato queste foto tra il novembre e il dicembre del 2015.
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