“Questo magazzino è per cani, non per esseri umani”, dice Said, un migrante proveniente da Kabul. Said è solo uno dei numerosi profughi che vivono in un magazzino abbandonato a Belgrado, dove le condizioni di vita sono tragiche. In mille sono costretti a dormire per terra, a temperature vicine allo zero, con poche coperte e senza servizi igienici.

Il governo serbo e alcune agenzie umanitarie hanno messo a disposizione posti letto in centri appostiti con riscaldamento e cibo, ma molti migranti non ci vogliono andare perché, così facendo, formalizzerebbero la loro situazione. Considerando che in Ungheria, il paese confinante, vengono fatti entrare solo tra i dieci e i trenta migranti al giorno, alcuni potrebbero dover aspettare fino a nove mesi per uscire dalla Serbia legalmente, oppure potrebbero essere deportati se non compatibili con i criteri per la richiesta d’asilo.

Sono più di centomila le persone che nel 2016 hanno lasciato paesi come la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq e sono passate attraverso la Serbia nel tentativo di raggiungere l’Italia o altre nazioni dell’Unione europea, ma la chiusura dei confini li ha bloccati lì. Secondo le Nazioni Unite, sono circa 6.400 i profughi che attualmente sono fermi in Serbia, anche se alcune organizzazioni locali ne contano circa diecimila, principalmente arrivati passando dalla Bulgaria o dalla Macedonia.

Le foto sono state scattate il 21 novembre 2016 dal fotografo Marko Djurica.

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