Sucre, uno stato sulla costa nordorientale del Venezuela, era una zona con un fiorente mercato ittico, soprattutto di tonno. Nella gravissima crisi economica che il paese sta attraversando, anche questo settore ha avuto un forte crollo: il commercio del petrolio è immobile, il bestiame sta morendo per mancanza di cibo, le regioni ricche di minerali non estraggono più metalli, i campi non producono più prodotti agricoli sufficienti.

Nel giugno del 2016, Sucre è stato l’epicentro di una serie di proteste per il cibo che sono poi scoppiate in tutto il paese. Alcune famiglie di Punta de Araya hanno superato l’estate nutrendosi di “zuppa di cane”, fatta con un brodo di acqua di mare e i resti dei pesciolini che di solito vengono rigettati in mare.

In questo contesto neppure le famiglie di pescatori riescono a sopravvivere e a mantenersi, per cui alcune decidono di usare le loro imbarcazioni per attività illegali, come il contrabbando di gas o di droga e la pirateria. Si sono formate numerose bande di pirati, pescatori ormai senza lavoro, che saccheggiano quei pochi che un lavoro ancora ce l’hanno. Le rapine avvengono quotidianamente e decine di pescatori sono morti: i pirati salgono sui pescherecci, rubano il pescato del giorno e poi buttano in mare i pescatori, a volte gli sparano.

Oggi, nello stato di Sucre il pescato annuo corrisponde a un terzo di quello del 2004, che era di 120mila tonnellate.

Le foto sono state scattate da Rodrigo Abd, fotografo dell’Ap, tra il 30 ottobre e il 30 novembre 2016.

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