Il vincitore delle presidenziali nigeriane del 28 marzo è Muhammadu Buhari, 72 anni, musulmano, candidato del partito All progressives’ congress, una coalizione di partiti dell’opposizione che si è formata per sostenere l’ex generale alle elezioni. Secondo risultati ancora non definitivi, ha ottenuto quasi 15 milioni di voti, contro i 13 milioni del presidente uscente, Goodluck Jonathan.
Regime militare. Buhari ha già governato la Nigeria dal 31 dicembre 1983 al luglio del 1985, dopo un colpo di stato che aveva destituito il primo presidente civile dopo una lunga dittatura militare. In quei venti mesi il generale Buhari divenne famoso per la sua “guerra contro l’indisciplina”: i nigeriani furono chiamati a rispettare regole severe, come formare code ordinate alle fermate degli autobus, pena le frustate da parte dell’esercito. I dipendenti pubblici venivano umiliati pubblicamente se arrivavano in ritardo al lavoro. Nella sua lotta alla corruzione Buhari fece arrestare almeno cinquecento politici, imprenditori e funzionari. Da molti fu considerata una mossa per eliminare probabili oppositori. Buhari ha difeso il colpo di stato del 1983 dicendo: “Dipende dal popolo: se scegliesse i leader giusti non ci sarebbe bisogno di un regime militare”. Dal 1999 si è sempre candidato alle elezioni, ma ha perso tutte e tre le volte.
Boko haram. Durante la campagna elettorale ha promesso di sconfiggere i jihadisti di Boko haram, che nel luglio del 2014 avevano attaccato il convoglio su cui stava viaggiando. Ha sempre criticato l’ex presidente Goodluck Jonathan per non essere intervenuto prima che la violenza del gruppo terroristico raggiungesse le dimensioni degli ultimi mesi.
Lotta alla corruzione. Buhari è sempre stato molto popolare tra gli abitanti del nord della Nigeria, una regione impoverita che non ha beneficiato quanto il sud dei proventi del petrolio. Grazie al suo passato da militare e alla sua politica improntata all’integrità e alla disciplina, è riuscito a imporsi come la guida di cui il paese ha bisogno per sconfiggere i jihadisti e la corruzione dilagante nel mondo della politica e dell’economia.
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