Almeno dodici persone sono morte nelle violenze avvenute in Burundi tra il 26 e il 27 ottobre. Il paese sta attraversando una fase di crisi dovuta alla rielezione, il 21 luglio, del presidente Pierre Nkurunziza per un terzo mandato. Secondo l’opposizione, la società civile e alcuni esponenti del partito del presidente, il terzo mandato è incostituzionale e viola gli accordi di Arusha, con cui è stata messa fine alla guerra civile che ha interessato il paese dal 1993 al 2006. In aprile, quando Nkurunziza ha annunciato che si sarebbe ricandidato, sono cominciati violenti scontri tra sostenitori e oppositori del presidente: 198 persone sono state uccise nei disordini o con omicidi mirati ed esecuzioni sommarie.

La sera del 28 ottobre la polizia si è scontrata con un gruppo di cittadini armati nella provincia di Gitega, nel centro del paese, e sette persone sono rimaste uccise. Il governatore della provincia, Vénant Manirambona, ha confermato i decessi. Fonti dell’Agence France Presse (Afp) vicine ai ribelli negano queste perdite e riferiscono invece di quattro agenti di polizia uccisi nel pomeriggio di martedì nella città di Ryansoro.

Una fonte militare dell’Afp ha detto che circa cinquanta uomini armati hanno attaccato martedì la città di Nyabihanga, nella provincia di Mwaro, sempre nel centro del paese. Tre degli assalitori sarebbero morti nell’attacco e i restanti si sarebbero poi diretti verso Gitega, a est, una delle zone dove l’appoggio a Nkurunziza è più forte e finora non c’erano state proteste e violenze contro il presidente.

A Bujumbura due uomini su una motocicletta hanno sparato a una coppia in automobile: anche se non si conoscono le ragioni esatte dell’uccisione, dall’inizio della crisi nel paese sono avvenuti diversi attacchi simili. Secondo un portavoce della polizia anche altre quattro persone sono morte lunedì nella capitale.

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