Sono quasi due settimane che si combatte intorno a Falluja. Le forze governative irachene circondano la città su quattro lati. Provano a tagliare gli accessi segreti e i tunnel sotterraneidel gruppo Stato islamico (Is) prima di entrare in città. L’attacco finale è stato rimandato a causa dei civili nelle mani dell’Is, che li usa come scudi umani. I jihadisti hanno l’ordine di “uccidere chiunque cerchi di fuggire o di arrendersi al nemico”.

Per l’Is è una questione di vita o di morte. Usano cinque tipi di armi: i cecchini piazzati in edifici abbandonati, una rete di mine artigianali che copre strade e case, autobombe e, soprattutto, cinquantamila civili usati come scudi umani, tra cui ventimila bambini. Per tre volte il primo ministro Haidar al Abadi ha visitato il fronte con l’ordine di rallentare l’offensiva in modo da salvare la vita dei civili e offrendo dei ripari sicuri per le famiglie che riuscivano a sfuggire agli orrori dell’Is.

Ogni tanto i jihadisti attaccano le forze governative o le milizie sciite, causando numerose vittime. I circa 800 foreign fighters non hanno altra via d’uscita se non la morte. La loro tattica abituale era quella degli attacchi suicidi, ma ora hanno un nuovo nemico interno: i giovani si rifiutano di combattere con loro. Quindi l’Isha dovuto sequestrarli e ucciderli in esecuzioni di massa.

Per il governo iracheno si tratta di una “battaglia santa prima del mese santo del Ramadan”. Ma è anche una battaglia importante per la capitale, Baghdad, perché Falluja è la città controllata dall’Is più vicina, a soli quaranta chilometri. Molti attentati avvenuti nella capitale avevano radici proprio a Falluja. Con lo slittamento dell’attacco finale nessuno sa quanto dovrà durare ancora la sofferenza della popolazione.

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