Con oltre due milioni di pellegrini, la festa dell’Eid al Adha alla Mecca è il più grande raduno di persone al mondo. Il pellegrinaggio (hajj) è uno dei cinque obblighi (pilastri) dell’islam, che ogni musulmano praticante deve compiere almeno una volta nel corso della vita (se può permettersi il viaggio), ma la gestione saudita dei luoghi sacri, per anni indiscussa, è oggi sottoposta a severe critiche da parte del resto del mondo musulmano.

Il pellegrinaggio si è aperto oggi con il giorno di tarwiah (lo straripamento): una volta i pellegrini davano da bere ai loro animali a Mina e facevano le provviste d’acqua per il viaggio verso il monte Arafat, situato a 10 chilometri di distanza. Oggi i pellegrini vanno a Mina alloggiando in grandi tende nel deserto per pregare e recitare il Corano. L’apice del pellegrinaggio è invece alla Mecca nel giorno di Arafat, che cade il 21 settembre, quando si gira sette volte intorno alla Kaaba e tra le collinette di Safa e di Marwa, come Hagar fece durante la sua ricerca dell’acqua.

Con l’hajj, il pellegrino entra in un momento di ihram – uno stato di purezza durante il quale non deve portare un profumo e non si può tagliare né le unghie né i capelli né la barba. Durante l’irham, gli uomini indossano un vestito bianco, che simbolizza la resurrezione e l’unità tra i fedeli, nonostante le differenze di stato sociale o nazionali. Le donne indossano vestiti lunghi che lasciano scoperti solo il viso e le mani.

Il video di Al Jazeera

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Oggi, il pellegrinaggio alla Mecca è anche un evento globale da capogiro: secondo il quotidiano Al Hayat, per il primo giorno a Mina le autorità saudite hanno predisposto 160mila tende disposte su un’area di 20 chilometri quadrati. Più di 23mila lavoratori sono incaricati di gestire l’afflusso dei pellegrini che hanno già affittato 36mila automobili oltre ai 20mila autobus previsti per gli spostamenti.

Ma da dieci anni il regno saudita ha puntato su un ulteriore allargamento dei luoghi sacri nella prospettiva di sviluppare ulteriormente il turismo legato al pellegrinaggio e assicurarsi un futuro anche senza petrolio.

Dubbi sulla sicurezza

Dal 2002 al 2012 è stata creata un’area di grattacieli intorno ai luoghi sacri, cosa che non piace a molti musulmani. Le critiche riguardano innanzitutto il livello di sicurezza dei lavori. La caduta della gru che ha ucciso oltre 109 lavoratori, la settimana scorsa, ha puntato i riflettori sulla speculazione edilizia intorno al luogo sacro. La moschea è tuttora circondata da gru che sono guardate con preoccupazione da molti pellegrini.

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La compagnia di costruzioni Bin Laden sta anche costruendo l’albergo più grande del mondo che, una volta terminato, conterà oltre diecimila stanze. La torre del complesso, alta 610 metri, ha incastonato l’orologio reale della Makka Royal Clock Tower, sei volte più grande del Big Ben.

Per Irfan al Alawi, direttore esecutivo della Fondazione per la ricerca sul patrimonio islamico intervistato dal Guardian, “l’incidente della Mecca non è stato una sorpresa. Abbiamo 15 delle più alte gru al mondo posizionate direttamente sopra la grande moschea. Se questa gru è caduta, che cosa impedisce anche alle altre di crollare? E cosa si pensa di fare per evitarlo?”.

La Mecca come Manhattan?

Come molti altri, Al Alawi non è solo preoccupato per la sicurezza ma anche per il decoro del luogo: “La Mecca sta diventando come Manhattan”, dice, mentre sono sempre più numerose le petizioni per salvare il patrimonio dell’islam dalla distruzione dei luoghi sacri causata dai continui lavori di allargamento. Lo scrittore e studioso Ziauddin Sardar, autore del libro Mecca, la città santa, ha scritto sul New York Times che “l’edificio che domina la città non è più la sacra moschea dove si trova la Kaaba, centro simbolico per tutti i musulmani del mondo, ma è l’odioso albergo Makka Royal Clock Tower, che comprende centri commerciali di lusso, alberghi e ristoranti per ultraricchi. La città è oramai un misto tra Disneyland e Las Vegas”.

Per Sardar, è anche una questione simbolica: la Mecca è un microcosmo del mondo musulmano. “Quello che succede nella città ha poi un impatto profondo ovunque nel mondo. Il cuore spirituale dell’islam è diventato un’enclave supermoderna e monolitica, dove la differenza non è tollerata, dove la storia non ha senso e solo il consumismo è onnipresente”.

D’altra parte, il giro d’affari complessivo del pellegrinaggio verso il regno saudita ammonta a 20 miliardi di dollari l’anno.

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