È bello, sottile e piuttosto inatteso il film Desde allá, del venezuelano esordiente Lorenzo Vigas, arrivato agli sgoccioli del concorso veneziano. Ci dice in profondità diverse cose sulla realtà sociale e locale, ma con una valenza universale, quindi sull’uomo. Lo fa attraverso un film intimista, ma ben immerso nella realtà sociale di Caracas, descrivendo tipologie psicologiche non mediante procedimenti da cinema introspettivo, ma attraverso una pura descrizione dei fatti, dei comportamenti. In appena un’ora e mezza, con un ritmo serrato malgrado la narrazione piuttosto minimale, tutto si delinea con precisione.

Si pensi all’ottimo Pelo malodi Mariana Rondón (distribuito in italia da Cineclub Internazionale e presentato in anteprima l’anno scorso a Ferrara al festival di Internazionale), per l’intreccio tra naturalismo, descrizione sociale e psicologica dell’età dell’adolescenza e sul delinearsi o meno dell’identità sessuale. È una storia di abbandoni e di abbandonati che una volta adulti si trovano per perdersi nuovamente poco dopo, provocando abbandoni ancora più tragici. Una storia di vittime che sono anche carnefici. Con il sangue o con lo spirito, o entrambi. È il caso di Armando, uomo solitario di mezz’età, adescatore di bei fanciulli nella realtà povera di quella metropoli divenuta particolarmente violenta che è la capitale del Venezuela. In realtà li paga solo per guardarli un po’, più o meno spogliati. E masturbarsi.

Desde allá

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Si crea piano piano un rapporto umano con uno di essi, Elder, un violento, interpretato da un ragazzo, Luis Silva, che racchiude in sé qualcosa di assieme arrogante e dolce, se non vulnerabile. Attratto dalla sua sensualità Armando (Alfredo Castro) è l’esatto contrario. Il suo grigiore fisico è direttamente proporzionale alla sua vita grigia. La sua pelle è asciutta, quasi rinsecchita. Queste due antitesi si legano tra loro, ma da un certo momento in poi in realtà sarà Elder a legarsi in maniera simbiotica e dipendente a lui. Elder lascia andare quel che era latente in se stesso, come di frequente accade sotto quelle latitudini, la cultura machista latinoamericana è infatti foriera di pesanti inibizioni che poi trovano sfogo spesso nel loro opposto: cioè il dileggiamento e l’aggressività verso chi è ritenuto omossessuale. Come appunto faceva Elder prima di incontrare Armando. Il desiderio di Elder di avere un rapporto amoroso sensuale e carnale, passionale, con Armando, è l’esatto rovescio della distanza asettica di Armando.

Armando fa protesi dentarie. “Al suo servizio”, dice a tutti, compresa la madre di Elder , come fosse un Alberto Sordi venezuelano, ma privo del suo comico grottesco. Asettico, appunto. Perché Armando è un meccano della meccanica grigia del quotidiano. Su di essa il film è strutturato, ma compensato da una notevole naturalezza di scrittura e visiva nel montaggio, nella recitazione, nella regia e nella fotografia, senza eccessi algidi oggi in voga.

Armando non potrà che respingere l’estremo atto d’amore che Elder gli regala: l’eliminazione fisica dell’odiato padre, ricco benestante dei quartieri alti, presumibile banchiere o finanziere. Armando, che alla notizia della morte del genitore non esprime alcuna emozione, preferirà la vecchia, rassicurante quotidianità del nulla – quando Elder si sveglia la mattina dopo l’uccisione del padre di Armando, per colazione non c’è proprio nulla – e sceglierà di denunciare Elder e di tornare alla sua collezione di oggetti che devono rimanere sostanzialmente desiderati.

Desde allá è un notevole ritratto psicologico di “un uomo che non riesce a stabilire relazioni emotive con gli altri”, come rileva lo stesso regista nella nota di produzione. Ma è anche il prodotto di una società, di due società, che, davvero, non riescono a parlarsi. Figurarsi a trovare un’osmosi.

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