Papa Francesco al balcone di San Pietro, a Roma, il 5 aprile 2015. (Alessandro Bianchi, Reuters/Contrasto)

Francesco d’Assisi “è per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato e in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no?”. Era il 16 marzo 2013, appena tre giorni dopo la sua elezione, quando Bergoglio incontrando i mezzi d’informazione di tutto il mondo nell’aula Paolo VI, pronunciava queste parole spiegando perché aveva scelto di chiamarsi Francesco.

Laudato si’ non è quindi un titolo scelto a caso dal papa per la sua prima enciclica, una citazione tratta dal Cantico delle creature, testo che oggi diventa quasi il manifesto di un ambientalismo cristiano, di una visione alternativa del mondo, riflettendo così, nel modo più immediato e visibile, percepibile da tutti, il valore profetico – cioè in grado di superare il suo tempo per diventare universale – di un messaggio, di un testo poetico, che diventa di nuovo attuale.

Tanto attuale da smuovere le lobby petrolifere e industriali, da far intervenire un personaggio come Rick Santorum, il cattolico fondamentalista già avversario di Barack Obama nell’ultima corsa elettorale per la Casa Bianca, il quale ha chiesto al papa di fermarsi, di restare fuori del dibattito sul cambiamento climatico.

Il testo del vescovo di Roma conterrà riferimenti scientifici, economici, sociali che s’intrecceranno con una visione cristiana

Cosa dirà l’enciclica

“Non si tratta qui di fare campagne per salvare qualche rara specie animale o vegetale – cosa di per sé importante–, ma di assicurare che centinaia di milioni di persone abbiano acqua pulita da bere e aria pulita da respirare. Questa è una grave responsabilità morale alla quale non è più possibile sottrarsi. La mancata risposta sarebbe un peccato di omissione”. È quanto si legge in un passaggio del quaderno della Civiltà Cattolica dedicato all’enciclica verde.

Il testo del vescovo di Roma conterrà riferimenti scientifici, economici, sociali che s’intrecceranno con una visione cristiana, l’“ecologia umana”, che dovrebbe completare nell’impostazione della Santa sede il discorso ecologico. L’aggressione all’ambiente da parte dell’uomo assurgerà al rango di peccato, il tema dell’equilibrio nel rapporto tra uomo e natura sarà posto sia sotto il profilo sia storico sia teologico, e poi alcuni capitoli saranno dedicati all’allarmante riduzione della biodiversità del pianeta e al rapporto tra giustizia sociale e rispetto dell’ambiente; in tal senso sarà ribadita l’opzione preferenziale per i poveri.

Un altro aspetto importante che rientrerà negli argomenti dell’enciclica è quello dello sviluppo agricolo: in questo ambito sarà affermata la priorità da dare ai contadini, alle comunità delle campagne, alle donne, rispetto alle grandi multinazionali.

La questione del cambiamento climatico sarà infine trattata sotto vari punti di vista a cominciare da una valutazione di fondo: ovvero che le conseguenze del mutamento in atto colpiscono in primo luogo i paesi poveri o in via di sviluppo. Il susseguirsi sempre più incalzante di eventi ambientali catastrofici è infatti causa dell’intensificarsi di fenomeni migratori incontrollati, di improvvise crisi alimentari e di squilibri nella produzione agricola, tali da generare tensioni, conflitti, collassi istituzionali in paesi già fragili.

La necessità di una conversione etica, di un impegno deciso dei governi su questi fronti, di un capitalismo che non abbia solo carattere predatorio rispetto alle risorse della Terra, saranno altrettanti punti sui quali il testo del papa certamente si soffermerà. In generale, il tema della sostenibilità dello sviluppo e di una limitazione di stili di vita improntati solo al consumo e la guadagno, saranno indicati quali possibili chiavi interpretative della contemporaneità per uscire – anche culturalmente – dalla crisi attuale.

La prima enciclica di papa Francesco è già famosa prima ancora di conoscerne i contenuti

L’enciclica e la conferenza di Parigi sul clima

La prima enciclica di papa Francesco, che sarà pubblicata il 18 giugno, è dunque già famosa prima ancora di conoscerne i contenuti: la ragione è tutta di natura politica. Il 2015 è infatti l’anno in cui si svolgerà un negoziato decisivo per l’avvenire del pianeta: la conferenza sull’ambiente e le conseguenze del cambiamento climatico, in programma il prossimo dicembre a Parigi.

L’accordo tra i grandi inquinatori del mondo, dalla Cina agli Stati Uniti, è ancora lontano e l’industria estrattiva è già al lavoro per limitare ogni intesa. Così il segretario generale delle Nazioni Unite, che sta cercando di costruire un fronte “verde” in vista dell’appuntamento nella capitale francese, ha chiesto al papa di anticipare a prima dell’estate l’uscita dell’enciclica, affinché anche da Roma arrivasse un contributo forte a sostegno di misure strutturali per rallentare il surriscaldamento della Terra.

Ma già nel corso dell’estate ad Addis Abeba si terrà la conferenza mondiale sul finanziamento allo sviluppo, mentre nei mesi successivi le Nazioni Unite dovranno stabilire gli obiettivi per lo “sviluppo sostenibile” da qui al 2030.

È una partita a più livelli, insomma, quella che si giocherà nei prossimi mesi, con attori politici che dovranno però tenere insieme interessi nazionali e settori industriali, con aspetti critici di carattere globale, in cui sono colpiti soprattutto i paesi più poveri. In questo contesto papa Francesco parlerà a settembre al congresso di Washington e poi al palazzo di vetro dell’Onu, tribune mondiali dalle quali solleverà i temi delle disparità sociali nel mondo, della crisi ambientale, delle responsabilità dei governi dei paesi più ricchi e potenti.

Si tratta dunque di una strategia studiata da tempo, accompagnata dalla sponda offerta al pontefice da una parte consistente del mondo scientifico. Economisti, biologi, sociologi, studiosi del clima, leader religiosi sono infatti convenuti in Vaticano lo scorso aprile in occasione di un workshop organizzato dalla pontificia accademia delle scienze e delle scienze sociali dedicato appunto alla “dimensione etica del cambiamento climatico” e al concetto di “umanità sostenibile”.

Dai lavori sono usciti due documenti: una dichiarazione comune di politici, capi religiosi, uomini d’affari, scienziati e un secondo testo, più lungo e complesso, di carattere scientifico e politico, dal titolo “Cambiamento climatico e bene comune”, nel quale si possono rintracciare in parte i riferimenti della prossima enciclica sul piano dell’analisi del fenomeno e delle possibili soluzioni.

Una mobilitazione globale

Nel frattempo, fatto abbastanza inedito nella storia della chiesa, dal Vaticano è partita una campagna informativa rivolta alle conferenze episcopali e alle strutture cattoliche sparse nel mondo con la diffusione di materiale di supporto per comprendere e spiegare il senso dell’enciclica.

In tale direzione va pure l’ultimo numero di La Civiltà Cattolica, il quindicinale dei gesuiti italiani che per ogni numero riceve il “visto” della segreteria di stato, che ha dedicato l’intero quaderno ai temi ambientali.

Come sta reagendo la chiesa a questo sommovimento? La mobilitazione delle conferenze episcopali e dei movimenti religiosi delle regioni del pianeta più interessate e sensibili alle tematiche ambientali è forte, di certo il testo del papa è destinato a ricevere una forte attenzione nel sud del mondo. Dalle Filippine ai Caraibi, al sudest asiatico passando per l’Africa, i vescovi si stanno infatti pronunciando e organizzando. Organismi ecclesiali che si occupano di ecologia e ambiente sono in fermento, come accade in Australia, paese particolarmente colpito dai mutamenti climatici. E ancora è attiva una rete mondiale dei movimenti cattolici impegnati sulla questione.

D’altro canto, tornando in Italia, non va dimenticato il successo del referendum in favore della gestione pubblica dell’acqua che si è svolto nel 2011 e a cui hanno partecipato associazioni e pezzi del mondo cattolico di base oltre che dello stesso episcopato. Già Benedetto XVI, inoltre, parlò di un diritto all’accesso alle fonti idriche come diritto umano nella sua enciclica sociale, Caritas in veritate. Sul tema è tornato Bergoglio giovedì scorso, in un discorso rivolto alla Fao, in cui ha coniugato tradizione religiosa e attualità: “I cambiamenti climatici ci riportano ai forzati spostamenti di popolazione e ai tanti drammi umanitari per mancanza di risorse, ad iniziare dall’acqua già oggetto di conflitti che in prospettiva aumenteranno. Non basta affermare che esiste un diritto all’acqua senza agire per rendere sostenibile il consumo di questo bene-risorsa e per eliminare ogni spreco”.

“L’acqua”, ha proseguito Francesco “resta un simbolo che i riti di molte religioni e culture usano per indicare appartenenza, purificazione e conversione interiori. Partendo da questo valore simbolico la Fao può contribuire a rivedere modelli di comportamento per garantire, oggi e in futuro, che tutti possano accedere all’acqua indispensabile alle loro necessità e alle attività agricole”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it