Piccola nota a margine delle elezioni francesi. Negli ultimi anni, la vita politica della Francia è stata segnata da due giornali. Uno è Charlie Hebdo, il settimanale satirico, in realtà più vittima che protagonista. L’attentato del 7 gennaio 2015, in cui sono morti otto suoi giornalisti, è stato un punto di svolta. E il primo di una lunga serie di attentati che hanno portato a un clima di paura e insicurezza, all’intensificarsi della repressione, fino all’interminabile stato d’emergenza: un provvedimento senza precedenti nella storia dell’Europa del dopoguerra, deciso dal governo socialista. Prima della strage, Charlie Hebdo era un piccolo settimanale dalla cui redazione erano passati disegnatori geniali e giornalisti brillanti, ed era noto quasi solo in Francia per le sue prime pagine provocatorie e spesso discutibili.

Anche l’altro giornale, il Canard Enchainé, è un settimanale satirico. Alla fine di gennaio ha cominciato a pubblicare una serie di rivelazioni su François Fillon, primo ministro tra il 2007 e il 2012, candidato di centrodestra favorito alle elezioni presidenziali. Lo scoop del Canard Enchainé, secondo cui per dieci anni Fillon avrebbe dato alla moglie uno stipendio come assistente parlamentare, senza che lei lo fosse, ha di fatto messo fine alle aspirazioni del politico conservatore. Fondato nel 1915, oggi il Canard Enchainé vende 400mila copie. Come Charlie Hebdo, riesce a vivere senza pubblicità, sul web ha una presenza quasi simbolica con un sito molto scarno, è poco attivo su Facebook, non ha un canale su Snapchat né su Instagram e non può essere letto su smartphone o su tablet, ma solo su carta e comprandolo
in edicola. Eppure tra i lettori ha tanti ventenni, e i suoi giornalisti hanno contribuito a cambiare la storia del paese.

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