Umberto Eco, Numero zero
Bompiani, 218 pagine, 17 euro
Anche Eco invecchia e ci dispiace, perché qualcosa da lui si ebbe da imparare, in passato. Non riesce più a incuriosire e a divertire e sembra non divertirsi neanche lui, nell’inventare mirabolanti avventure di modello ottocentesco, storiche o pseudo-storiche. Sembra non saper più giocare – con il romanzo, con i segni, con la storia – usando l’ironia e la distanza di una volta.

Numero zero è uno sciatto romanzo su una cospirazione nell’ombra di fatti storici molto reali e sanguinosi – le trame nere, da Salò ai nostri giorni, fino al 1992 – raccontata però in chiave di fumetto, tra Diabolik e la Spectre di James Bond. Il punto di partenza è che il Mussolini ammazzato dai partigiani era un sosia, lui è fuggito in Argentina. Si spiega il disastro italiano con un dietrismo ossessivo, certo in parte giustificato, ma narrando la cospirazione Eco vede solo certi poteri e sorvola su altri.

Il suo filo nero corre dentro una stantia vicenda di giornalismo trash, è la storia raccontata da un giornalista visionario, condita di paradossi alla Accadde domani e di spiegazioni su come il giornalismo imbraca e manipola notizie e opinioni. Eco ansima tra citazioni e digressioni, rimastica e si balocca, e il suo romanzo risulta, alla fine, tanto inutile e insipido quanto le caramelle di Carofiglio. In confronto Camilleri è un genio.

Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2015 a pagina 74 di Internazionale, con il titolo “Eco non sa più giocare”. Compra questo numero | Abbonati

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