Secondo lo scrittore e filosofo Robert Pirsig, morto il mese scorso, tutto quello che ci serve per avere successo è l’entusiasmo. “L’entusiasmo è il carburante mentale che manda avanti tutto”, scrive in un passaggio del suo libro Lo zen e l’arte della manutenzione della motocicletta, che in realtà parla appunto della manutenzione della motocicletta (e anche dell’intera esistenza umana, ma con Pirsig è sempre così). “Se non ce l’avete, non c’è assolutamente modo di aggiustare quella motocicletta. Se invece ce l’avete e sapete come mantenerlo, non c’è assolutamente niente al mondo che vi impedirà di aggiustarla”.
I pericoli maggiori, di conseguenza, stanno in quelle che chiama le “trappole dell’entusiasmo”, eventi esterni apparentemente banali, o modi di pensare, che lo impoveriscono in modo sproporzionato alla loro importanza. Ce ne sono “forse milioni” di queste trappole, scrive. Ma ce n’è una in cui io cado più spesso che in altre. Potremmo chiamarla la trappola dell’importanza.
Fare la differenza
La sua non è un’idea del tutto nuova ma, come amava dire lo stesso Pirsig, andare alla ricerca di idee nuove è da sciocchi, le uniche che servono sono quelle che fanno la differenza. La cosiddetta trappola dell’importanza allude al fatto che, più un’attività è importante per noi, più tendiamo a credere di aver bisogno di concentrazione, energia, e un lungo periodo di tempo a disposizione per svolgerla, tutte cose che al momento non abbiamo, come continuiamo a ripeterci. E quindi abbiamo meno probabilità di portarla a termine. Le cose poco importanti si fanno subito, quelle importanti no.
Prendiamo la lettura. “Se pensate di aprire un libro nell’improbabile momento in cui avrete diverse ore da passare in una poltrona comoda con un bicchiere di scotch”, ha scritto di recente Kevin Nguyen sulla rivista GQ, “allora lo leggerete solo quando avrete diverse ore da passare in una poltrona comoda con un bicchiere di scotch”. Questo è un classico caso di trappola dell’importanza. Di solito pensiamo che la procrastinazione sia dovuta a emozioni melodrammatiche: la paura del fallimento, il terrore di essere giudicati, e così via. Ma a volte non facciamo qualcosa per il semplice desiderio di poterla fare meglio.
Una parente stretta della trappola dell’importanza, almeno per me, è la trappola della coerenza: partire dal presupposto che non valga la pena fare qualcosa fino a quando la vita non ci permetterà di farla sempre. Non ha senso partecipare a un manifestazione di protesta, o riprendere un’amicizia trascurata, a meno che non si possa diventare il tipo di persona che lo fa regolarmente. Ma è assurdo, primo perché fare queste cose vale la pena in sé, e in secondo luogo perché non diventeremo mai il tipo di persone che le fanno sempre se non le facciamo almeno una volta.
Il paradosso è che l’unico modo per mettersi nelle condizioni che secondo noi sono necessarie per agire – un alto grado di energia e di concentrazione – è cominciare ad agire (“la motivazione segue l’azione”, si dice da noi). Perciò, se vi accorgete che state rimandando qualcosa da fare con la scusa che lo farete quando sarete freschi e riposati, prendetelo come uno stimolo a farlo subito. Probabilmente pensate di dover aspettare di avere più entusiasmo, ma in realtà quello stesso pensiero è un buco nella vostra tanica di carburante attraverso il quale l’entusiasmo sta colando via.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.
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