Nel febbraio 2012 il “professore” Mario Monti, all’epoca presidente del consiglio italiano, aveva detto “no”. Una spesa troppo importante per un paese fragile. Addio quindi alla candidatura di Roma alle olimpiadi del 2020. Ma a neanche tre anni di distanza il no si è trasformato in un “sì”. Infatti il 15 dicembre Matteo Renzi ha ufficialmente annunciato la candidatura di Roma, già organizzatrice dei giochi nel 1960, e dell’Italia all’organizzazione delle olimpiadi del 2024. “Troppo spesso il nostro paese sembra aver perso le proprie ambizioni”, ha affermato alla tribuna del Comitato olimpico nazionale italiano.

Ma dal 2012 al 2014 che cosa è cambiato? Quasi nulla, se non in peggio. Il debito dell’Italia supera sempre i 2mila miliardi di euro e il 130 per cento del prodotto interno lordo (pil) – quello di Roma raggiunge i 14 miliardi – e siamo al tredicesimo trimestre consecutivo di recessione. Nel frattempo si sono aggiunti gli appalti truccati dell’Expo 2015 a Milano, la corruzione nei lavori per il Mose di Venezia e la mafia di Roma. L’unico punto positivo è rappresentato dalla rinnovata fiducia dei mercati nei confronti dei titoli di Stato italiani.

Ma Matteo Renzi ha deciso di andare oltre questi ostacoli per lanciare il suo paese in una corsa in cui potrebbe affrontare Parigi, Baku (Azerbaigian), Doha, una città americana da scegliere tra Los Angeles, San Francisco, Boston o Washington, Berlino o Amburgo (o entrambe) e probabilmente delle città sudafricane.

Duttilità? Fuga in avanti? Deciso a combattere la crisi e la cattiva reputazione dell’Italia attraverso delle riforme impopolari, Renzi non vuole più perdere l’occasione di mostrarsi ottimista per il futuro. Le nuove disposizioni del Comitato olimpico internazionale (Cio) permettono ormai di organizzare le competizioni in più siti, così da diminuire i costi e di approfittare di impianti già esistenti. “Il progetto per il 2024 non sarà fatto di grandi infrastrutture ma soprattutto di grandi persone”, ha dichiarato il capo del governo.

Entro l’estate del 2017, data in cui il Cio farà la sua scelta, l’Italia sarà forse uscita dalla recessione. E forse le “grandi persone” avranno avuto ragione dei piccoli furfanti. “Saremo all’avanguardia nel sistema tecnico di controllo delle spese”, ha assicurato il capo del governo. “L’Italia riunisce tutte le condizioni per partecipare. Non saranno i problemi a impedirci di sognare”.

Sognare? Anche il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, il giudice Raffaele Cantone, vuole sognare: “Nel 2024 la corruzione sarà un fenomeno fisiologico come nelle altre democrazie europee”. Sognare? Sì, ma a che prezzo? Il governo Monti aveva stimato la candidatura italiana in dieci miliardi di euro di investimenti pubblici e privati per un aumento dell’1,4 % del Pil. Secondo un sondaggio online sul sito di Repubblica.it, il 60 per cento degli italiani considera che “l’Italia non sia in grado gestire dei grandi eventi a causa del tasso di corruzione presente nel paese”. Per ora solo la Lega nord e il Movimento 5 stelle hanno detto apertamente no a questo progetto. Una buona ragione per sostenerli?

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