È cominciata come una guerra premeditata: avrebbe potuto essere evitata se negli ultimi mesi Israele avesse adottato una politica diversa. Si è evoluta in una guerra inutile. È già abbastanza ovvio che non porterà alcun risultato a lungo termine. È ancora possibile che degeneri in un disastro, e alla fine risulterà essere stata la guerra degli inganni: Israele si è ingannato fino a rovinarsi.
Il primo inganno è la pretesa che non ci fosse alternativa. Certo, quando i razzi hanno cominciato a piovere su Israele non c’era più alternativa. Ma che dire dei passi che ci hanno portato a questo? Sono passi per i quali esistevano altre opzioni. Non è difficile immaginare cosa sarebbe successo se Israele non avesse interrotto i negoziati di pace, se non avesse lanciato una guerra totale contro Hamas all’indomani dell’omicidio dei tre ragazzi israeliani, se non avesse bloccato il trasferimento dei fondi destinati al pagamento dei salari pubblici nella Striscia di Gaza, se non si fosse opposto al governo di unità nazionale palestinese e se avesse allentato l’embargo alla Striscia di Gaza.
I razzi Qassam sono stati una risposta alle scelte di Israele. In seguito gli obiettivi sono cresciuti a valanga, come avviene sempre in guerra: da fermare i razzi a trovare e distruggere i tunnel alla demilitarizzazione di Gaza. La valanga potrebbe continuare all’infinito. “Risponderemo alla pace con la pace”. Ricordate? Il 25 luglio Israele ha rifiutato la proposta di cessate il fuoco del segretario di stato statunitense John Kerry.
Il secondo inganno è che l’occupazione della Striscia di Gaza è finita. Pensate a un’enclave sotto assedio, i cui abitanti sono prigionieri, gran parte dei cui affari sono controllati da un altro stato che gestisce l’anagrafe e l’economia, proibisce le esportazioni, limita la pesca, controlla i suoi cieli e ogni tanto invade il suo territorio. Non è occupazione questa?
Il terzo inganno è l’affermazione che l’esercito israeliano “fa tutto quello che può” per evitare di uccidere civili. Siamo già oltre il migliaio di morti, tra cui una maggioranza civili e un numero impressionante di bambini. Interi quartieri sono stati rasi al suolo e 150mila profughi non hanno un posto sicuro dove andare. Questo rende tale affermazione nient’altro che uno scherzo di cattivo gusto.
Anche la convinzione che il mondo sostenga la guerra e riconosca la sua giustezza è un inganno israeliano. Se è vero che i politici occidentali continuano a ripetere che Israele ha il diritto di difendersi, i morti che continuano ad accatastarsi e la disperazione dei rifugiati stanno irritando il mondo e generando odio contro Israele. Alla fine anche gli statisti che sostengono Israele gli volteranno le spalle.
Un altro inganno è quello secondo cui questa guerra ha dimostrato che “il popolo d’Israele” è “una nazione meravigliosa”. Era da tempo che non si assisteva a una campagna così mendace, manipolatoria, melensa e autocompiaciuta. La nazione si è mobilitata per sostenere i soldati, e questo è commovente. Ma oltre ai camion carichi di dolciumi e biancheria, alle migliaia di israeliani che hanno partecipato ai funerali dei soldati le cui famiglie vivono all’estero e all’ansia per i feriti, questa guerra ha messo in evidenza anche comportamenti ben più odiosi.
Quel “comitato di sostegno ai soldati” che è Israele ha dimostrato tutta la sua indifferenza verso le sofferenze dell’altra parte. Non un briciolo di compassione, non un barlume di umanità, nessuno stupore, nessuna empatia per il suo dolore. Le orribili immagini di Gaza provocano reazioni che vanno dallo sbadiglio alla gioia. Un popolo che si comporta così non merita le lodi che si riversa addosso. Quando la gente di Gaza muore e la gente di Tel Aviv fa come se niente fosse non c’è niente da festeggiare.
E non c’è niente da festeggiare neanche nella campagna di aggressione contro i pochi che si oppongono alla guerra. Dal governo e dal parlamento alle strade e ai commenti su internet, tira una brutta aria. Solo i cittadini obbedienti sono ammessi. “Unità israeliana”? “La nazione è una grande famiglia”? Non scherziamo. Anche i mezzi d’informazione israeliani in tempo di guerra sono una barzelletta, una rete di propaganda i cui membri si sono autoarruolati per lodare ed esaltare, incitare e punire, e chiudere gli occhi.
Ma la più grande delle barzellette, la madre di tutti gli inganni è la fiducia nella giustezza del proprio agire. Lo slogan della “guerra giusta” è ripetuto fino alla nausea, fino a far sospettare che anche quelli che lo gridano più forte abbiano dei dubbi, altrimenti non griderebbero così forte e non se la prenderebbero tanto con chi cerca di esprimere un’opinione differente. Dopo tutto, come si può giustificare una guerra evitabile? E come ci si può ammantare di giustizia di fronte alle orribili immagini di Gaza?
Forse la terra brucia anche sotto i piedi di questo coro di apologeti della guerra. Forse anche loro si rendono conto che quando la battaglia finirà il quadro diverrà chiaro. È sempre così nelle guerre d’inganno, ed è così che finirà anche la guerra del 2014.
(Traduzione di Gabriele Crescente)
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