Negli Usa continua a crescere la Khan Academy (le lezioni video sono salite a quattromila). In Europa solo ora il ciclone che minaccia i modi antichi dell’insegnamento mediosuperiore arriva con forza, epicentro a Berlino.

Qui giovani studiosi (Jonas Liepmann, Hannes Klöpper, Marcus Riecke) stanno avviando un’impresa europea per la produzione di corsi interattivi in rete nelle più varie discipline, in parte già collegati ad alcune grandi università. Si chiama iversity, il sito dà notizie ed esempi. Ragioni e prospettive sono illustrate anche con un volume di cinquecento pagine (edition Körber-Stiftung, Amburgo) sull’università del ventunesimo secolo e sulla possibile unità di insegnamento, ricerca e società.

In esso un anziano studioso, Yehuda Elkana, e uno dei giovani di iversity, Hannes Klöpper, analizzano lo stato degli insegnamenti terziari nel mondo e ragionano su necessità e possibile realizzazione di una sfida radicalmente innovativa (ma il vecchio Leibniz già ci pensava): allargare i confini dell’accesso al sapere critico e scientifico più solido e avanzato.

Tre grandi forze alimentano il ciclone: l’insoddisfazione delle tradizionali lezioni frontali; la speranza che la rete porti ad apprendimenti interattivi più efficienti della tripletta ascolto silente/lettura individuale/interrogazioni ed esami (che mostrino la capacità di ripetere ciò che il docente ebbe a dire); il bisogno di internazionalità. A parte la Zeit e Financial Times la grande stampa tace. E fa male.

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