La sera del 6 maggio 1976 una scossa di terremoto fece sobbalzare la terra friulana colpendo una settantina di comuni a nord di Udine e causando quasi un migliaio di morti. La corrente elettrica saltò immediatamente, impedendo la comunicazione via telefono tra le forze dell’ordine e le ambulanze per coordinare i soccorsi. Le antenne dell’esercito crollarono e all’epoca la protezione civile non era ancora una struttura efficiente e capillare. Si attivarono così i radioamatori privati del Corpo emergenze radioamatori (Cer): accesero i ripetitori attaccati a delle piccole batterie e con il tastino a molla sul microfono cominciarono a costruire la rete dei soccorsi, operativa già quindici minuti dopo l’arrivo della prima richiesta d’aiuto.
Cosa ascoltare. Tre soldi è lo spazio di Rai-Radiotre dedicato al documentario radiofonico. È una piccola striscia di quindici minuti schiacciata tra un programma sul cinema e uno sulla musica classica, che propone delle serie tematiche affidate ad autori diversi. Questa serie – Modello Friuli – sul terremoto del Friuli del 1976 è affidata a due autori furlani che propongono sempre ascolti molto curati: l’artista radiofonico e sonoro Renato Rinaldi, e Andrea Collavino, attore e regista teatrale che ha sempre tenuto un piede negli studi radiofonici.
La loro ricerca è divisa in due parti: tre episodi dedicati ai protagonisti della ricostruzione friulana (il famoso “com’era dov’era” figlio anche della tragicomica ricostruzione nella vicina valle del Vajont) e tre episodi dedicati ai cittadini del posto.
Il primo è sui radioamatori che si attivarono subito dopo il terremoto e unisce interviste raccolte oggi alle registrazioni delle prime chiamate di aiuto. L’unione tra la frenesia incisa allora su nastro e la calma della riflessione di oggi illustra chiaramente il valore primordiale della radio: uno strumento dato per spacciato, ma sempre presente quando si cerca la genesi di una rivoluzione o di un cambiamento.
In queste registrazioni si sente come i radioamatori, che passano le loro giornate a esplorare l’etere dividendolo in metri e frequenze, abbiano delle competenze fondamentali per la gestione di un’emergenza. Invece, ci si dimentica facilmente di loro: hanno pochi spazi nella ricerca universitaria e pochi finanziamenti pubblici per le attività e le ricerche. Ma nel caso di una calamità si conta sempre sul loro intervento, anche oggi, quando i telefoni cellulari sui quali basiamo le nostre esistenze sono i primi ad andare fuori uso.
Modello Friuli dimostra che la radio non è solo uno strumento di intrattenimento, ma un servizio al centro delle relazioni nella comunità, in grado certo di gestire un’emergenza, ma anche di contribuire a migliorare le condizioni di vita nei quartieri, nelle città e nelle aree più isolate. Se la radio fosse usata anche negli interventi ordinari a livello sociale o ambientale, ci sarebbero forse meno emergenze da dover gestire.
Cosa fare mentre si ascolta. Per ascoltare questa serie bisogna provare l’ebrezza di navigare il funambolico sito di RadioRai, ma rimettere in ordine le puntate tra audio, podcast, date e nomi dei file dà la sensazione di essere pronti ad affrontare qualsiasi altro sito. Dopo si possono ascoltare tutti gli audio originali dei radioamatori del 1976. Se qualcuno sente accendersi dentro il fuoco nerd delle onde radio è bene che sappia che non basta comprarsi un po’ di attrezzatura. Bisogna andare nella sede territoriale dell’Associazione radioamatori italiani, frequentare un corso e prendere il patentino. E prepararsi alla probabile fine della propria relazione sentimentale.
Momento migliore. I radiamatori avevano una dotazione di attrezzature che nessuno ente pubblico si sognava di avere.
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