La sera del 7 luglio Donald Trump pensava di essersi messo alle spalle – almeno per un po’ – la vicenda dei rapporti poco chiari tra il suo comitato elettorale e alcuni funzionari del governo russo. Uscito da un lungo vertice a due con Vladimir Putin, il presidente ha detto di aver sollevato la questione con il leader russo e di avergli intimato di fermare ogni tentativo di interferire nella politica statunitense. Dopo l’incontro la squadra di Trump ha anche fatto sapere che i due leader si erano accordati per collaborare su questioni di sicurezza informatica. Per usare le parole dello stesso presidente, era arrivato il momento di “voltare pagina”.

Ma l’ottimismo di Trump è stato immediatamente travolto da una serie di rivelazioni che hanno impresso una svolta alla vicenda. L’8 luglio il New York Times ha scritto che nel giugno del 2016, circa due settimane dopo che Trump aveva ottenuto la nomination repubblicana, suo figlio maggiore Donald Trump Jr ha incontrato nella Trump tower di Manhattan Natalia Veselnitskaja, un’avvocata russa che sosteneva di avere informazioni compromettenti su Hillary Clinton, la candidata del Partito democratico. All’incontro hanno partecipato anche Jared Kushner, genero di Trump e oggi alto funzionario dell’amministrazione, e Paul Manafort, all’epoca direttore della campagna elettorale del candidato repubblicano e che in passato aveva lavorato per Viktor Janukovjč, un politico ucraino filorusso.

Da subito si è capito che la posizione di Trump Jr era particolarmente complicata e che avrebbe potuto mettere nei guai l’intera amministrazione e lo stesso presidente, perché contraddiceva la tesi sostenuta dalla Casa Bianca in questi mesi: se i russi hanno provato a interferire nella campagna elettorale per danneggiare Clinton, l’hanno fatto all’insaputa del comitato elettorale del candidato repubblicano. E la strategia difensiva del figlio del presidente non ha aiutato: in un primo momento ha detto di non aver mai ricevuto Veselnitskaja nella Trump tower, poi ha detto di averla incontrata ma di aver parlato con lei solo di adozioni internazionali, in seguito ha ammesso che gli era stato offerto materiale sulla candidata democratica ma di averlo trovato irrilevante.

Mentre alla Casa Bianca montava la rabbia del presidente contro i mezzi d’informazione per le rivelazioni e contro i suoi avvocati per come stavano gestendo la vicenda, il New York Times ha pubblicato un nuovo scoop che ha definitivamente incastrato Donald Trump Jr: uno scambio di email con Rob Goldstone, un imprenditore britannico amico della famiglia Trump e con contatti nel mondo politico ed economico che ha fatto da mediatore per far incontrare Veselnitskaja e il figlio maggiore del presidente nel giugno del 2016.

Su internet ha circolato molto uno spezzone di un’intervista del luglio 2016 (circa un mese dopo l’incontro con l’avvocata russa) in cui Trump Jr definisce “disgustose” e “false” le accuse di collusione con Mosca.

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Il passaggio più controverso è in un’email in cui Goldstone dice a Trump Jr che l’avvocata russa può fornire informazioni su Clinton e aiutare Trump a vincere le elezioni: “Naturalmente si tratta di informazioni delicate e di alto livello, ma fanno parte del sostegno della Russia e del suo governo a Trump”. La risposta di Donald Trump Jr lascia intendere che parteciperà all’incontro: “Se è quello che stai dicendo, per me è fantastico”.

Poi c’è un’email in cui Trump Jr chiede a Kushner e a Manafort di accompagnarlo dicendo che doveva incontrare “un’avvocata del governo russo”.

Le rivelazioni rappresentano una novità importante nell’inchiesta sulla presunta interferenza della Russia nella campagna elettorale, condotta dal procuratore speciale Robert Mueller, perché dimostrano che nella squadra di Trump c’erano persone che non avevano problemi a collaborare con Mosca per avere un vantaggio alle elezioni. Tuttavia, è importante notare che i nuovi elementi, per quanto gravi, non toccano direttamente il presidente. Dopo la pubblicazione delle email Donald Trump Jr si è affrettato a chiarire di aver incontrato Veselnitskaja all’insaputa di suo padre, e la stessa avvocata russa ha negato di aver proposto informazioni su Clinton.

Naturalmente sembra difficile pensare che tre dei principali collaboratori di un candidato alla presidenza possano gestire una situazione così delicata senza mettere al corrente il loro capo. In un messaggio Goldstone scrive: “Posso mandare queste informazioni a tuo padre attraverso Rhona”. È molto probabile che si riferisca a Rhona Graff, l’assistente personale di Trump, e questo implica che il presidente potrebbe aver ricevuto le informazioni direttamente e non attraverso i resoconti dei suoi collaboratori. Ma per ora non ci sono prove del fatto che Trump fosse direttamente coinvolto nelle trattative.

Inoltre, le rivelazioni del New York Times non dicono nulla su come sia andato l’incontro tra Trump Jr e Veselnitskaja. Attualmente non sappiamo se l’avvocata ha effettivamente consegnato le informazioni al comitato elettorale di Trump né quali fossero le informazioni in questione. E non è ancora chiaro se dopo l’incontro di giugno ci siano stati altri contatti. Sappiamo che di lì a poco Wikileaks, il sito fondato da Julian Assange, avrebbe cominciato a pubblicare informazioni compromettenti su Hillary Clinton e sul comitato nazionale democratico; le agenzie di sicurezza statunitensi e l’Fbi credono che quei documenti fossero stati rubati da un gruppo di hacker assoldato dal governo russo, che aveva l’obiettivo di danneggiare Clinton e aiutare Trump a vincere le elezioni. Nei mesi scorsi sono emersi molti indizi del fatto che Roger Stone, un amico di Trump che ha lavorato per lui nei primi mesi di campagna elettorale, abbia fatto da raccordo tra la squadra di Trump e Wikileaks. Robert Mueller e quattro commissioni del congresso stanno indagando per cercare prove a conferma di questi sospetti, e non sappiamo quali sono gli elementi più solidi che hanno in mano a parte quelli trapelati sui pezzi d’informazione.

Prossimamente Trump Jr verrà ascoltato da una commissione del senato che sta indagando su questa vicenda. Ma dal punto di vista sia politico sia giudiziario la posizione più delicata è quella di Jared Kushner, il genero di Trump. A differenza del figlio del presidente, Kushner è un funzionario di primo piano dell’amministrazione (è a capo dell’ufficio innovazione della Casa Bianca e guida i negoziati promossi da Washington per la pace tra israeliani e palestinesi) e i suoi contatti con il governo russo hanno sollevato timori sulla sua capacità di visionare e gestire materiale coperto da segreto.

Qualche settimana fa il Washington Post aveva pubblicato un articolo in cui sosteneva che a dicembre del 2016, durante la fase di transizione, Kushner avrebbe incontrato Sergej Kislyak, l’ambasciatore russo a Washington, e Sergej Gorkov, capo di una banca d’investimenti russa. Durante l’incontro con Kislyak, Kushner avrebbe proposto di creare una linea di comunicazione segreta tra Casa Bianca e Cremlino usando le strutture diplomatiche dell’ambasciata russa.

Programma fermo al senato
Brutte notizie per Trump arrivano anche dal congresso. I repubblicani del senato hanno presentato una nuova versione della proposta di riforma sanitaria. I leader del partito avevano deciso di modificare la versione precedente perché alcuni senatori repubblicani (sia nella fazione più moderata sia in quella più liberista) non erano disposti ad approvarla. La nuova proposta cerca di accontentare entrambe le anime del partito e trovare un difficile equilibrio, ma a quanto pare l’opposizione interna è ancora forte. I repubblicani non possono permettersi di perdere più di due voti.

Qui nel dettaglio i punti più importanti della riforma.

I problemi politici non riguardano solo la riforma sanitaria. La maggioranza continua a non fare passi avanti nemmeno sulle altre leggi di cui Trump ha fatto una priorità appena insediatosi alla Casa Bianca: la proposta di un piano per rinnovare e ricostruire le infrastrutture antiquate del paese non si è ancora concretizzata, mentre la riforma del sistema fiscale, il provvedimento che sta più a cuore alla maggioranza, è completamente ferma. L’immobilismo comincia a essere preoccupante sia per il Partito repubblicano sia per il presidente, che rischiano di pagare un alto prezzo politico alle elezioni di metà mandato del 2018.

La base fervente
L’11 luglio Trump ha ricevuto alla Casa Bianca circa trenta leader delle chiese cattoliche ed evangeliche per discutere di una serie di questioni, dalla riforma sanitaria alle leggi sulla libertà religiosa al sostegno a Israele fino alla riforma del sistema penale e carcerario. Erano presenti molti leader religiosi che hanno sostenuto e consigliato Trump in campagna elettorale, tra cui Paula White, sacerdote di una megachiesa pentecostale della Florida, e Mark Burns, pastore di una megachiesa del South Carolina.

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Il sostegno della destra religiosa ha contribuito in modo decisivo alla vittoria di Trump a novembre, e anche oggi che il presidente è particolarmente impopolare, gli elettori bianchi cattolici ed evangelici continuano a sostenerlo.

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