La più grande retata contro gli immigrati irregolari nella storia recente degli Stati Uniti è passata quasi inosservata. Il 5 aprile decine di agenti dell’Immigration and customs enforcement (Ice) e della polizia statale del Tennessee hanno fatto irruzione in un stabilimento per la lavorazione della carne a Bean Station e hanno arrestato 97 persone.
Poco dopo l’operazione le autorità hanno dichiarato che l’azienda era indietro con i pagamenti al fisco e che nello stabilimento c’erano molti lavoratori che guadagnavano meno del salario minimo. Tra gli arrestati, però, non c’è nessuno dei proprietari. Quasi tutte le persone detenute provenivano dal Messico e dal Guatemala. Dei 97 arrestati, dieci dovranno affrontare in tribunale accuse legate a passate violazioni delle leggi sull’immigrazione, mentre contro gli altri 87 sono state attivate delle procedure per l’espulsione. Tra questi ultimi 54 sono ancora in regime di detenzione (senza la possibilità di tornare alle loro famiglie), e molti saranno presto trasferiti in centri di detenzione in altri stati.
Oggi quasi tutti gli undici milioni di immigrati irregolari che si trovano negli Stati Uniti rischiano di essere espulsi
Se non fosse per l’alto numero di persone coinvolte, questa vicenda non sarebbe né nuova né sorprendente. Nell’ultimo anno e mezzo, mentre le minacce di Trump contro l’immigrazione irregolare facevano diminuire il flusso di persone che cercava di entrare negli Stati Uniti dal Messico, è aumentato drasticamente il numero di immigrati senza documenti arrestati, al punto che in molte zone del paese i tribunali sono intasati dai procedimenti di espulsione. Questa tendenza è una conseguenza diretta delle linee guida che l’amministrazione Trump ha dato ai procuratori e alla polizia migratoria in tutto il paese: mentre l’amministrazione Obama chiedeva all’Ice di concentrarsi soprattutto sulle persone accusate di aver commesso reati violenti o che avevano attraversato da poco la frontiera, Trump ha cancellato praticamente ogni tipo di scrematura, con il risultato che oggi quasi tutti gli undici milioni di immigrati irregolari che si trovano negli Stati Uniti rischiano di essere espulsi.
Nel 2016 e nel 2017 gli arresti sono aumentati di un terzo rispetto all’anno precedente. E in tutto il paese si sono moltiplicate le storie di persone integrate nella società statunitense e costrette a tornare in Messico o in America Centrale, di figli che si ritrovano all’improvviso senza uno o entrambi i genitori e devono decidere se restare nel loro paese o seguire la loro famiglia (attualmente, secondo le stime, negli Stati Uniti ci sono 5,9 milioni di bambini e ragazzi che vivono con un genitore senza i documenti in regola).
Le retate e gli arresti nelle varie zone del paese seguono sempre lo stesso copione, a cominciare dal fatto che dopo ogni operazione della polizia la paura tra gli abitanti della comunità aumenta. È successo anche dopo gli arresti di Bean Station. Come racconta il New Yorker, “il giorno dopo la retata cinquecento studenti della zona non si sono presentati a scuola, tenuti a casa dai familiari confusi e spaventati”. Ma c’è almeno un elemento che rende il caso del Tennessee diverso da quelli di cui si era parlato nei mesi precedenti: mentre finora l’attenzione si era rivolta soprattutto verso gli stati democratici che da subito avevano dato battaglia a Trump sul tema delle espulsioni (per esempio, ordinando alla polizia locale di non collaborare con l’Ice e con le altre agenzie federali), per la prima volta sotto i riflettori è finita una comunità conservatrice di uno degli stati che nel 2016 ha votato con più entusiasmo per Trump. E la reazione degli abitanti non toccati direttamente dalla retata è stata sorprendentemente solidale.
Si sta diffondendo la sensazione che la battaglia ideologica di Trump contro gli immigrati irregolari rischi di danneggiare l’economia
Nelle due settimane dopo l’operazione della polizia a Morristown, la città dove vivevano quasi tutti gli immigrati arrestati, è stata organizzata una veglia per le famiglie delle persone arrestate, sono stati raccolti più di sessantamila dollari per l’assistenza legale, i commercianti locali hanno distribuito cibo e altri aiuti.
Queste manifestazioni di solidarietà sono importanti perché potrebbero essere un segnale del fatto che nelle comunità conservatrici si sta lentamente diffondendo la sensazione che la battaglia ideologica di Trump contro gli immigrati irregolari alla lunga rischi di danneggiare l’economia locale e in generale gli equilibri sociali di quei luoghi. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di regioni (la zona degli Appalachi e il midwest in particolare) che sono state già duramente colpite dalla crisi dei vecchi settori produttivi, e oggi fanno molto affidamento sulla manodopera degli immigrati irregolari che nel frattempo hanno cominciato a cambiare il volto di queste città e villaggi. La contea di Hamblen, dove si trova Morristown, è un posto molto conservatore: nel 2016 il 75 per cento degli elettori ha votato per Trump; ma è anche una delle zone del Tennessee dove la percentuale di abitanti di origini ispaniche è più alta (11,5).
Alla lunga potrebbe essere questo spostamento dell’opinione pubblica conservatrice, più che le sentenze dei tribunali contro i provvedimenti della Casa Bianca, a smussare alcune delle posizioni più radicali di Trump sull’immigrazione, e a convincerlo ad allentare la presa sia sugli irregolari sia sui dreamers, le persone arrivate negli Stati Uniti da bambini, attualmente protette da un provvedimento voluto da Barack Obama.
Qualcosa di simile è successo qualche settimana fa a proposito dell’aumento dei dazi annunciato da Trump contro le importazioni cinesi negli Stati Uniti: quando Pechino ha fatto sapere di voler rispondere colpendo le esportazioni statunitensi di soia e grano, quindi danneggiando l’economia delle zone rurali degli Stati Uniti, Washington ha fatto un passo indietro. A novembre ci saranno le elezioni di metà mandato, a cui i repubblicani si stanno avvicinando nel modo peggiore possibile, e Trump non può permettersi di perdere il consenso dello zoccolo duro che lo ha portato alla Casa Bianca meno di due anni fa.
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