L’mp3 è vivo e lo sarà ancora per molto
In questi giorni si è letto da più parti che l’mp3 è morto. La fine del formato è stata annunciata dai suoi stessi creatori, i laboratori del Fraunhofer Institute for Integrated Circuits. In realtà l’mp3 sta benissimo, è solo scaduta la licenza d’uso negli Stati Uniti (in Europa lo era da diversi anni) e quindi le aziende del settore musicale possono usare questa tecnologia senza pagare una licenza. Il Fraunhofer Institute ha quindi deciso di interrompere il supporto al progetto mp3 e concentrarsi su nuovi standard audio.
Sviluppato alla fine degli anni ottanta, l’mp3 permette di ridurre il peso di un file audio mantenendo più o meno inalterata la sua qualità di ascolto. L’algoritmo di compressione digitale, il metodo che permette di ridurre il peso del file, sfrutta le carenze psicoacustiche del nostro sistema uditivo. Questo significa che tutto quello che non riusciamo a sentire viene in parte cancellato o sostituito con del rumore.
La nascita dell’mp3 ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo di internet e non solo. Poter scambiare velocemente file musicali ha contribuito al successo dei software di file sharing come Napster, ha favorito in parte l’alfabetizzazione informatica di persone che prima di allora non si erano interessate all’uso della rete e ha favorito la nascita di servizi come iTunes e Spotify. Inoltre ha fatto crescere il mercato dei riproduttori portatili e ha contribuito al crollo del mercato della vendita di dischi fisici.
Specchietti per le allodole
Nel campo delle trasmissioni televisive e radiofoniche l’mp3 è stato sostituito da diverso tempo da formati più moderni ed efficienti. Non c’è dubbio sul fatto che le tecnologie cambino, ma qui non si sta di certo celebrando un funerale. Dichiarare morto un formato che viene ancora utilizzato da tutto l’hardware in circolazione non ha senso. Computer, autoradio, lettori portatili, smartphone sarebbero tutto d’un tratto inservibili? I formati non muoiono ma si evolvono e i nuovi lettori ingloberanno l’mp3 insieme ad altri formati.
Si annuncia felicemente la morte dell’mp3 come se coincidesse con la nascita di un nuovo modo di ascoltare musica in alta qualità. Una sorta di liberazione dal male. La verità è che mentre l’mp3 “invecchiava”, e la qualità delle registrazioni musicali saliva, la qualità dell’ascolto musicale scendeva vertiginosamente. Ascoltiamo musica nel peggiore dei modi possibile e ci siamo lentamente abituati a uno standard di ascolto molto basso. Ascoltiamo musica su uno smartphone, dalle casse di un notebook o su YouTube con un paio di cuffie da 10 euro, privandoci del piacere dell’ascolto e di tutte le sfumature di una buona registrazione.
Festeggiamo la morte dell’mp3 quando in realtà sta benissimo. Sono le nostre orecchie a non stare tanto bene e per questo motivo, oggi più che mai, non abbiamo bisogno di un nuovo formato, abbiamo bisogno di educazione all’ascolto.