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Le navi delle ong influiscono sulle partenze di migranti dalla Libia?

Un gruppo di migranti soccorsi dalla Sea Watch 3 al largo delle coste libiche, 19 gennaio 2019. (Federico Scoppa, Afp)

Le navi che soccorrono migranti nel Mediterraneo centrale sono un “pull factor”, un fattore di attrazione perché la loro semplice presenza nelle acque internazionali incentiva i trafficanti di esseri umani a mettere in mare le imbarcazioni cariche di migranti: è questa una delle accuse più radicate e più di successo contro le navi umanitarie che dal 2015 hanno partecipato alle missioni di soccorso nel Mediterraneo.

Un’accusa che tra l’altro era stata rivolta già nel 2013 alle navi della marina militare italiana che partecipavano alla missione umanitaria Mare nostrum. Dopo il naufragio del 20 gennaio 2019 in cui sono morte 117 persone al largo della Libia, il ministro dell’interno italiano Matteo Salvini ha di nuovo rivolto questa accusa all’unica nave umanitaria rimasta nel Mediterraneo, la Sea Watch 3. “Le ong tornano in mare e i migranti ricominciano a partire”, ha detto Salvini durante una diretta Facebook.

Questa affermazione per quanto suggestiva e apparentemente plausibile è in realtà falsa. Secondo gli esperti che nel corso degli anni hanno osservato il fenomeno non esiste una relazione tra la presenza delle navi delle ong e le partenze delle imbarcazioni dalla Libia. “Nonostante questa idea possa apparire del tutto logica, anche in questo caso i dati parlano chiaro: il pull factor delle ong non esiste”, afferma Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, che ha analizzato tutti i dati raccolti dalla guardia costiera italiana, dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e dall’Unhcr dal gennaio del 2016 all’ottobre del 2018. Quest’ultima analisi è in realtà un aggiornamento di un’analisi che il ricercatore dell’Ispi porta avanti dal 2018.

Se si mette sull’asse di un grafico il numero delle persone partite dalla Libia e sull’altro asse il numero delle persone soccorse dalle ong si osserva che non c’è una correlazione: cioè ci sono state partenze anche in assenza dei mezzi di soccorso e viceversa in presenza dei mezzi di soccorso in mare le partenze non ci sono state.

Gli accordi con la Libia
Molti mettono in relazione il calo consistente degli arrivi di migranti in Italia con l’allontanamento delle navi delle ong, ma Villa ricorda che la diminuzione degli arrivi in Italia è dovuta agli accordi che il governo italiano ha stipulato con Tripoli nel febbraio del 2017 e in particolare con l’attività di alcune milizie dedite al traffico di esseri umani.

“Un elemento interessante è che il 15 luglio, quando la milizia Dabbashi a Sabrata ha fatto invertire il flusso migratorio, cioè ha bloccato le partenze, tutte le navi delle ong erano in mare. Quindi le partenze dalla Libia si sono fermate molto prima che le ong cominciassero a ritirarsi”, afferma Villa. “Non c’è una correlazione neanche minima tra le due cose. I dati dicono che la presenza delle ong non ha aumentato le partenze”, continua il ricercatore.

Un’analisi simile era stata pubblicata nel giugno del 2017 da Lorenzo Pezzani e Charles Heller della Forensic oceanography del Goldsmiths college dell’università di Londra. L’analisi di Heller e Pezzani ha dimostrato che un aumento degli arrivi era già stato registrato nel biennio 2014-2015, quando ancora non c’erano navi delle organizzazioni umanitarie davanti alle coste libiche. Questo elemento è stato in parte riconosciuto dalla stessa Frontex, che nel documento Annual risk analysis 2017 aveva scritto: “Il Mediterraneo centrale è diventato la rotta principale dei migranti africani verso l’Europa e per lungo tempo sarà così”.

Secondo Pezzani e Heller, il numero degli arrivi era aumentato prima che le ong lanciassero le loro missioni di soccorso e questo dimostra l’assenza di un nesso di causalità tra i due eventi. Nel 2017, inoltre, sono aumentate del 46 per cento le traversate verso l’Europa dal Marocco, in un tratto di mare che non è pattugliato da navi umanitarie. Le principali cause dell’aumento delle traversate verso l’Europa sarebbero l’aggravarsi del conflitto in Libia e in generale la presenza di forti fattori di spinta (push factor) come conflitti, dittature, cambiamenti climatici, pressione demografica. Infine, quando la missione militare di ricerca e soccorso Mare nostrum è stata interrotta, alla fine del 2014, non si sono fermati gli arrivi, anzi nei primi mesi del 2015 sono aumentati, anche se non c’erano imbarcazioni di soccorso in quel tratto di mare.

Anche Marco Bertotto di Medici senza frontiere in un’intervista ci aveva detto cose simili: “La retorica del fattore di attrazione non è una cosa nuova. È la stessa che ha portato alla chiusura della missione di ricerca e soccorso Mare nostrum, serve per giustificare in generale un abbassamento degli standard di accoglienza”. Tuttavia, secondo Bertotto, non si basa su evidenze scientifiche: “I numeri non forniscono nessuna prova del fatto che esistano delle connessioni tra la presenza dei mezzi di soccorso e il numero delle partenze dalla Libia”. Nei mesi successivi all’interruzione di Mare nostrum c’è stato infatti un aumento delle partenze, eppure non c’erano mezzi pronti al soccorso.

Per Bertotto i fattori di spinta e cioè le ragioni che spingono le persone a partire sono ben più forti di qualsiasi fattore di attrazione: “Sono diversi i fattori che determinano i picchi di arrivi e questo ci porta a dire che a prevalere è comunque il fattore di spinta (push factor) rispetto al fattore di attrazione (pull factor). Sono le ragioni per cui fuggono che spingono queste persone a mettersi in mare non certo la possibilità – che non è certezza – di essere salvati”.

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