La posta in gioco al Congresso mondiale delle famiglie di Verona
Questo articolo nasce dal lavoro comune di un gruppo di giornali europei, Europe’s far right research network, in vista delle elezioni europee 2019. Ne fanno parte, oltre a Internazionale, Falter (Austria), Gazeta Wyborcza (Polonia), Hvg (Ungheria), Libeŕation (Francia) e Die Tageszeitung (Germania). Questo progetto ha vinto il premio Concordia-Preise per la libertà di stampa 2019.
Sono tutti seduti intorno al tavolo di legno della sala degli Arazzi di palazzo Barbieri, a Verona, la conferenza stampa è gremita di giornalisti. Gli organizzatori del Congresso mondiale delle famiglie (World congress of families, Wcf) sono sostenuti dal sindaco della città, il leghista Federico Sboarina, che è seduto al centro della tavolata e fa gli onori di casa, per ribadire l’appoggio delle istituzioni all’evento che raccoglierà a Verona, dal 29 al 31 marzo, i movimenti prolife, antiabortisti e antidivorzisti, di tutto il mondo.
“Abbiamo voluto questo congresso in Italia dopo due Family day, perché siamo convinti che sia importante portare al centro del dibattito italiano, in vista delle europee, i temi della famiglia e della vita”, afferma Jacopo Coghe, vicepresidente del Wcf. Al suo fianco sono seduti Toni Brandi, presidente del Wcf, Massimo Gandolfini, presidente del Family day, e Filippo Savarese, direttore delle campagne di CitizenGo Italia.
Un’edizione particolare
“I movimenti prolife italiani fanno parte da tempo della rete internazionale che organizza il Congresso, ma quest’anno hanno deciso di portare in Italia questa manifestazione per il particolare momento storico che viviamo, che garantisce un largo appoggio da parte delle istituzioni”, spiega Massimo Prearo, ricercatore del dipartimento di scienze umane dell’università di Verona, autore del libro La crociata antigender. “È la prima volta che un Wcf ottiene questo tipo di visibilità”, sottolinea il ricercatore.
Il primo Congresso mondiale delle famiglie si è svolto a Praga nel 1997, ma da allora molte cose sono cambiate. Nato dalla saldatura di gruppi della destra religiosa statunitense – che si opponeva all’aborto, al divorzio e all’omosessualità – e del tradizionalismo ortodosso russo preoccupato della denatalità e della salvaguardia dei valori della famiglia, il Congresso mondiale delle famiglie ha finito per assumere un ruolo sempre più politico e negli ultimi anni è diventato un vero e proprio collante per le destre e le estreme destre di tutto il mondo.
“Questa idea dell’imperialismo americano che distrugge la civiltà europea, dei valori liberali che sono un pericolo per i valori tradizionali e per le radici cristiane dell’Europa, è molto trasversale e trova nella cosiddetta teoria del gender una specie di sintesi che riesce ad aggregare movimenti sociali conservatori di diverso orientamento, un campo molto più trasversale”, spiega Prearo.
“Questo tipo di militanza ha una dimensione religiosa, ma in realtà ha soprattutto l’obiettivo d’influenzare la politica”, sottolinea il ricercatore. “Il portavoce del Family day Massimo Gandolfini, che viene dal movimento neocatecumenale, parla di ‘fecondare’ le forze del centrodestra. La sua posizione è quella che i cattolici non devono fondare direttamente un partito, ma influenzare le scelte dei politici”, continua Prearo.
Anche per questo motivo questa edizione del Congresso, la tredicesima, segna un passaggio decisivo: per la prima volta si svolge in un paese fondatore dell’Unione europea con il patrocinio di una parte consistente del governo in carica, alla vigilia delle elezioni europee di maggio. “Rispetto alle edizioni precedenti, che si sono sempre svolte in sordina, sembrerebbe che questa volta gli organizzatori vogliano essere mainstream”, afferma Neil Datta, ricercatore dell’European parliamentary forum on population and development. “Hanno organizzato il congresso nella città che si è autoproclamata ‘città per la vita’ e hanno il sostegno del governo. Sembrerebbe che siano in cerca di credibilità”, continua Datta.
Alla manifestazione parteciperà la componente leghista del governo: il ministro dell’interno Matteo Salvini (che interverrà sabato 30 marzo alle 16) e il ministro della famiglia Lorenzo Fontana. E inoltre il ministro dell’istruzione Marco Bussetti, il presidente della regione Veneto Luca Zaia, il presidente della regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il sindaco di Verona Federico Sboarina. Ci saranno anche il senatore leghista Simone Pillon, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, la parlamentare di Forza Italia Elisabetta Gardini.
Tuttavia non è andata proprio come gli organizzatori si aspettavano. Infatti ci sono state molte polemiche, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che avrebbe dovuto partecipare, ha ritirato la sua partecipazione. E per la prima volta a un evento di questo tipo si è contrapposta una manifestazione altrettanto massiccia di femministe che da tutto il mondo arriveranno a Verona per protestare contro l’evento. “Fino a questo momento i manifestanti hanno sempre lasciato che questi avvenimenti si svolgessero senza dargli troppa visibilità, ma questa volta il fatto che il Congresso avvenga in Italia ha mobilitato un fronte molto largo perché non si vuole lasciare che gli organizzatori acquistino davvero credibilità”, afferma Datta.
Verona ancora una volta si presenta come laboratorio di sperimentazione politica nazionale
La sezione veronese di Non una di meno ha convocato una vera e propria contromanifestazione “Verona città transfemminista” che durerà tre giorni e culminerà con il corteo di sabato 30 marzo lungo le vie della città. Personalità del femminismo mondiale come l’argentina Marta Dillon, Eva von Redecker dell’università Humboldt di Berlino, Adriana Zaharijevic dell’università di Belgrado parteciperanno alla manifestazione. “Verona ancora una volta si presenta come laboratorio di sperimentazione politica nazionale e l’attacco all’aborto e ai diritti delle donne e delle soggettività lgbt è il terreno privilegiato su cui si intende operare una saldatura tra la destra e i movimenti per la vita”, è scritto nella convocazione dell’evento.
Nelle ultime settimane la manifestazione di Non una di meno ha ricevuto l’appoggio di partiti, sindacati e associazioni nazionali e internazionali come il Partito democratico e la Cgil. Anche gli ambienti accademici hanno espresso dissenso verso il Congresso mondiale delle famiglie: il rettore dell’università di Verona ha negato agli organizzatori l’uso delle aule dell’università e più di cinquecento accademici hanno firmato un appello contro il Wcf, sostenendo che i suoi organizzatori “propongono come dati scientifici opinioni principalmente ascrivibili a convinzioni etiche e religiose”.
Dopo aver ricevuto molte critiche, il 22 marzo il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha ritirato il patrocinio della presidenza del consiglio e il logo dalle locandine del Congresso, per segnare una presa di distanza da parte del Movimento 5 stelle, dopo che il vicepremier Luigi Di Maio aveva definito gli organizzatori del congresso “degli sfigati” e aveva detto che “chi è contro la parità uomo-donna non rappresenta niente della cultura del Movimento”. Il 26 marzo è stato pubblicato il programma ufficiale dell’evento a cui si sono accreditati mille giornalisti.
Chi sono i partecipanti
Dagli oligarchi russi, agli aristocratici europei, fino ai mormoni statunitensi: al Congresso di Verona interverranno alcune personalità di spicco dell’antiabortismo come il russo Dmitri Smirnov, presidente della Commissione patriarcale per la famiglia e la maternità che ha lo scopo di influenzare il parlamento russo e di aiutare il presidente Vladimir Putin a sviluppare politiche in linea con le indicazioni della chiesa ortodossa; la ministra per la famiglia del governo ungherese, Katalin Novák; e il presidente moldavo Igor Dodon, che ha spesso espresso posizioni omofobe. Aleksei Komov, socio dell’oligarca russo Konstantin Malofeev, è nel consiglio di amministrazione del Wcf e sarà presente anche alla tappa veronese del raduno. In passato insieme a Malofeev ha finanziato iniziative su questi temi nei paesi dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa occidentale.
Ci sarà inoltre Theresa Okafor, un’attivista nigeriana che nel 2014 ha proposto una legge che criminalizza le unioni tra persone dello stesso sesso nel suo paese, e Lucy Akello, ministra ombra per lo sviluppo sociale in Uganda, che nel 2017 ha presentato al parlamento ugandese una legge contro le coppie omosessuali, già proposta nel 2014, che prevedeva originariamente la pena di morte per “omosessualità aggravata”.
Anche il senatore leghista Simone Pillon, relatore della controversa legge su separazione e affido dei figli minorenni, parteciperà al tredicesimo Congresso delle famiglie.
Tra le associazioni che fanno parte del Wcf ci sono anche ProVita onlus, Generazione famiglia, Comitato difendiamo i nostri figli e Novæ Terræ. Un’inchiesta di Paolo Biondani e Francesca Sironi, pubblicata dal settimanale L’Espresso il 16 novembre 2018, ha mostrato qual è stato negli ultimi anni il ruolo della fondazione Novæ Terræ. La fondazione ha intercettato finanziamenti russi per organizzare campagne contro l’aborto e le unioni omosessuali in tutto il mondo. “I soldi vengono da diverse fonti: dagli oligarchi russi alla destra americana fino all’aristocrazia europea che sta sostenendo questo Congresso”, conferma il ricercatore Neil Datta.
Una nuova comunicazione
In Italia il movimento prolife contemporaneo nasce in continuità con i movimenti per la vita cattolici che si erano battuti contro l’aborto, contro l’eutanasia e contro il divorzio a partire dagli anni settanta, ma allo stesso tempo nel 2013 emerge con delle forme nuove. “Nel 2013 nel movimento per la vita si produce una discontinuità rispetto al passato. Nel momento in cui sono presentati in parlamento tre disegni di legge considerati problematici – il ddl Scalfarotto sull’omofobia, il ddl Cirinnà sulle unioni civili e il ddl Fedeli sull’educazione di genere – cominciano a essere organizzate nel paese delle manifestazioni contro la cosiddetta teoria del gender”, spiega Massimo Prearo.
La “teoria del gender” nasce alla fine degli anni novanta in ambito cattolico come reazione a una serie di trasformazioni avvenute nella società. Nel 1995 si tiene a Pechino la Conferenza mondiale sulle donne, durante la quale è riconosciuto il loro diritto di scegliere se portare avanti una gravidanza, nel 1997 il Trattato di Amsterdam riconosce l’omosessualità come motivo di discriminazione, nel 2001 avvengono i primi matrimoni tra persone dello stesso sesso nei Paesi Bassi e le unioni civili (Pax) in Francia. Rispetto a queste trasformazioni il Vaticano apre una riflessione al suo interno per capire come reagire.
Ad animare questo processo è Joseph Ratzinger, il futuro papa Benedetto XVI, che all’epoca era a capo della Congregazione per la dottrina della fede. “La teoria del gender è il punto di vista del Vaticano sulle innovazioni teoriche e politiche avvenute nelle democrazie occidentali alla fine degli anni novanta: stabilisce che se si scardina il principio della differenza tra uomo e donna si attenta all’intero sistema dei valori tradizionali”, spiega Prearo.
“Il tema dell’antigender diventa una sintesi di tutte le rivendicazioni del movimento per la vita: le nuove battaglie sono contro la cosiddetta teoria del gender, il matrimonio egualitario, la gestazione per altri. Queste battaglie danno nuova linfa al movimento e hanno la capacità di mobilitare molte persone”, spiega Prearo che parla di “nuovi movimenti cattolici”. Per lo studioso questi movimenti non hanno come obiettivo quello di combattere una sola legge, ma di contaminare la politica e influenzarla e, in questo modo, riescono a mobilitare e aggregare un campo più largo.
“La strategia movimentista di Gandolfini è riuscita a galvanizzare un arco politico che va da Forza Italia a Fratelli d’Italia, passando per la Lega. Il centrodestra ha creato un continuum con questi movimenti”. Per Prearo un momento importante dell’evoluzione di questi nuovi movimenti cattolici in Italia è stata la campagna che le associazioni del Family day hanno fatto per il no al referendum costituzionale del dicembre del 2016. “In quel momento le associazioni si sono avvicinate ai partiti della destra: la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Da quel momento la retorica antigender diventa retorica profamily”.
Diversi analisti hanno fatto notare che la comunicazione di questi movimenti è molto cambiata negli ultimi anni: se all’inizio i messaggi insistevano sulle conseguenze negative dell’aborto, della denatalità, dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, ora la propaganda si focalizza sulla “bellezza del matrimonio, sui diritti dei bambini, sull’importanza della donna nella storia e sulla tutela giuridica della vita e della famiglia”. Messaggi che si rifanno agli slogan dei movimenti femministi a cui si contrappongono.
La comunicazione politica si trasforma in campagna positiva a favore della famiglia tradizionale, non più in battaglia contro qualcosa, ma per qualcosa. Questa strategia ha portato a disegni di legge come il ddl Pillon su separazione e affido e alle mozioni antiabortiste che sono state presentate negli ultimi mesi in molte città italiane per limitare l’accesso all’interruzione di gravidanza o all’ultima proposta di legge presentata da cinquanta parlamentari della Lega per modificare la legge 194, che in Italia ha depenalizzato l’aborto. “Questi sono i punti su cui i prolife vogliono intervenire sui temi storici come il divorzio e l’aborto, senza abrogare le leggi, ma semplicemente rendendole inapplicabili”, conclude Prearo.
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