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Cosa cambia sull’immigrazione in Italia con il nuovo governo

Migranti tunisini sulla nave Alan Kurdi dell’ong tedesca Sea-Eye nel Mediterraneo, il 1 settembre 2019. (Darrin Zammit Lupi, Reuters/Contrasto)

Non sappiamo ancora cosa succederà in concreto sul tema più sensibile per l’opinione pubblica, quello dell’immigrazione, che per un anno è stato al centro del programma dell’esecutivo populista formato da Lega e cinquestelle. Un tema che era al centro della propaganda dell’ex ministro dell’interno Matteo Salvini, che gli ha dedicato due leggi e una campagna elettorale permanente condotta a furia di tweet e di dirette Facebook.

Il discorso alla camera di Giuseppe Conte durante il voto di fiducia può darci qualche indicazione. Il presidente del consiglio ha detto di voler uscire dall’approccio “emergenziale”, ha parlato di canali umanitari europei, di riforma dei decreti sicurezza in linea con le indicazioni date dal presidente della repubblica Sergio Mattarella, di stabilizzazione della Libia, d’investimenti in Africa, di politiche di integrazione. Ha parlato di prospettive europee per la risoluzione delle questioni.

Che significa? Soprattutto l’intenzione di sottrarre alla polarizzazione politica e di normalizzare un tema che è stato per più di un anno il cavallo di battaglia della destra.

Un anno di porti chiusi
In molti, anche in aula il 9 settembre, hanno ricordato che è stato lo stesso premier a condividere tutte le scelte di Salvini: dal blocco delle navi umanitarie all’approvazione dei decreti sicurezza, dai porti chiusi agli sgomberi, così come sono stati i parlamentari cinquestelle a sostenere e votare senza battere ciglio i due decreti “sicurezza” che tra le altre cose hanno abolito la protezione umanitaria per i richiedenti asilo, hanno smantellato il sistema di accoglienza ordinario italiano, hanno riformato in senso restrittivo la cittadinanza, hanno criminalizzato il soccorso in mare.

Ma il vento è cambiato nel bel mezzo dell’estate per opera dello stesso leader della Lega che ha innescato la crisi di governo per guadagnarsi elezioni anticipate e capitalizzare il consenso. L’esito è noto. “Pensavo che avessimo gli stessi obiettivi”, ha detto Conte ai deputati leghisti il 9 settembre, mentre gli ex alleati lo contestavano, gridando “venduto, venduto”. “Ho scoperto che non è così”, ha aggiunto il premier.

Con una mossa trasformista Conte, e con lui il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti e il leader del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio, ora scommettono su un messaggio di “discontinuità”, pattinando sul fragile crinale della paura per la perdita del consenso. La strategia non è tanto quella di contrapporsi alla politica della Lega sull’immigrazione, reagendo colpo su colpo, ma quella di agire in sordina e abbassare i toni dello scontro.

L’idea è quella di “raffreddare” la discussione sull’immigrazione e portarla sul piano dell’amministrazione ordinaria

Conte ha mandato un messaggio rassicurante, che parla di “mitezza” e di “umanità”. In particolare ha evocato il discorso dell’ex presidente della repubblica Giuseppe Saragat all’assemblea costituente dicendo: “Fate che il volto di questa repubblica sia un volto umano, ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto tra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri, ma è soprattutto un problema di rapporti tra uomo e uomo. Lì dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste. Dove sono inumani essa non è che la maschera di una tirannide”.

Un’altra indicazione chiara è stata la scelta di una ministra dell’interno che è una tecnica con una lunga esperienza al Viminale (Luciana Lamorgese, ex prefetta di Milano e Venezia). Forse si è trattato della scelta più politica e più sorprendente del nuovo esecutivo. L’idea è quella di “raffreddare” la discussione sull’immigrazione: spostarla dal campo della contrapposizione binaria – politica e mediatica – e portarla sul piano dell’amministrazione ordinaria.

Conte nella sua versione 2.0 è molto democristiano e sembra suggerire che se si riuscirà a depoliticizzare la questione, si sottrarrà terreno agli avversari di oggi, che erano gli alleati di ieri. Non deve averlo capito il sindaco di Bergamo Giorgio Gori che in diversi tweet sulla questione nei giorni scorsi è tornato a porre la questione nei termini di una contrapposizione tra “accogliamoli tutti” e “porti chiusi”, la stessa contrapposizione spesso usata dall’ex ministro dell’interno che amava la dicotomia porti chiusi-porti aperti e che faceva coincidere il soccorso in mare con le politiche migratorie del paese. “L’epocale fenomeno migratorio va gestito con rigore e responsabilità, perseguendo una politica modulata su più livelli, basata su un approccio non più emergenziale, bensì strutturale, che affronti la questione nel suo complesso”, ha detto Conte. Poi ha ripetuto il mantra di tutti i governi prima di Salvini: lotta alla tratta, integrazione e rimpatri.

Nel merito Conte ha promesso modifiche poco rilevanti alla legge bandiera di Salvini, il decreto sicurezza bis, che avverranno “alla luce delle osservazioni critiche formulate dal presidente della repubblica, il che significa recuperare, nella sostanza, la formulazione originaria del più recente decreto legge, prima che intervenissero le integrazioni che, in sede di conversione, ne hanno compromesso l’equilibrio complessivo”. Ma in realtà la prima formulazione del decreto già prevedeva multe per chi soccorre persone in mare e la possibilità per il ministro dell’interno di vietare l’ingresso in acque italiane alle navi umanitarie.

La riforma della Bossi-Fini?
Se ne può dedurre che dal punto di vista politico il nuovo governo non abolirà i decreti, né li riformulerà completamente. Molto probabilmente le leggi Salvini saranno modificate in maniera non sostanziale e si aspetterà che la magistratura italiana (un ricorso per incostituzionalità del decreto sicurezza bis è già stato presentato nel recente caso Open Arms) le renda del tutto inefficaci. Una mossa di nuovo poco coraggiosa, che va nella direzione di distogliere l’attenzione dalla frontiera marittima. Su questo tema Conte spera inoltre di potersi giocare la carta europea: ha molto insistito infatti sul piano della trattativa multilaterale con gli altri partner europei per l’istituzione di canali umanitari europei: “In materia di immigrazione non possiamo più prescindere da un’effettiva solidarietà tra gli stati membri dell’Unione europea. Questa solidarietà finora è stata annunciata, ma non ancora realizzata”.

Questo lascia pensare che il governo giallorosso collaborerà con la nuova commissaria Ursula von der Leyen che ha già promesso al premier “un nuovo patto sui migranti” e con Emmanuel Macron e Angela Merkel che si erano fatti promotori qualche mese fa di un piano europeo per la redistribuzione dei migranti in Europa, in cambio della riapertura dei porti di Malta e dell’Italia. Non ci saranno grosse differenze invece sugli investimenti italiani ed europei per l’esternalizzazione delle frontiere: si continuerà ad appaltare la frontiera a paesi terzi con il portato di violazioni di diritti umani che questo comporta, basti ricordare il Memorandum di intesa con il governo di Tripoli nel 2017 e l’accordo di Bruxelles con la Turchia nel 2016.

La partita più interessante sull’immigrazione tuttavia non riguarderà tanto la frontiera, quanto la cittadinanza e la riforma della legge sull’immigrazione. Il premier ha parlato di una nuova riforma della legge sulla cittadinanza e di investimenti per l’integrazione. Questo potrebbe riaprire la discussione sullo ius culturae e sulla riforma della legge Bossi-Fini. In parlamento è in già in corso l’esame della legge di iniziativa popolare Ero straniero che prevede proprio la riforma della legge sull’immigrazione risalente al 2002. Anche durante il precedente governo, durante l’esame alle commissioni parlamentati sulla riforma si erano espressi positivamente sia il Partito democratico sia il Movimento 5 stelle.

Intanto la nave umanitaria Ocean Viking di Sos Méditerranée e di Medici senza frontiere ha soccorso 84 persone al largo delle coste libiche e finora non ha ricevuto nessun divieto di sbarco da parte del governo italiano. Mentre la nave tedesca Alan Kurdi aveva ricevuto un divieto di sbarco da parte del precedente governo che è stato ritenuto valido anche per l’attuale governo. Aspettiamo di vedere che succederà in quello che sarà il primo banco di prova per il governo giallorosso su questo tema.


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