La poesia senza tempo di Raoul
L’artista James Thierrée fa dire al suo corpo tutto quello che vuole, con la danza, l’acrobazia, la trasformazione e il silenzio. Se nella storia del circo ci sono molte famiglie nobili, Thierrée proviene da una stirpe regale. I suoi genitori sono tra gli artisti circensi più originali e creativi dei nostri tempi: con il loro Cirque bonjour, fondato nel 1971, diventato poi Cirque imaginaire e successivamente Cirque invisible, Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée hanno messo in scena spettacoli di rara poesia e leggerezza. Dall’età di quattro anni, James, insieme alla sorella Aurélia, ha girato i teatri e i palcoscenici di mezzo mondo seguendo la compagnia dei genitori. In questa genealogia rientra anche un attore e clown che ha fatto la storia del novecento: Charlie Chaplin, il nonno di James. Lui non l’ha conosciuto bene – aveva tre anni quando è morto – ma in ogni suo movimento esprime la stessa genialità.
Risponde alle domande di Internazionale da Namur, in Belgio, la città dove dieci anni fa ha concepito Raoul, lo spettacolo che porta in scena a Roma dal 2 al 6 ottobre per il festival RomaEuropa, e in seguito al Piccolo teatro di Milano. Della prima rappresentazione di Raoul Thierrée racconta: “Mi piaceva moltissimo l’idea di essere da solo sul palcoscenico davanti al ‘branco’. Intendo naturalmente gli spettatori. È proprio questa la storia di Raoul, un uomo chiuso in una torre destinato a scoprire che per liberarsi dovrà pensarci da solo”.
Negli ultimi dieci anni molte cose sono cambiate, spiega l’artista: “Ora il mio corpo ha bisogno di più tempo, e se lo concede. Ho passato anni a fare spettacoli ‘in apnea’, buttando fuori tanta energia. Ora Raoul ha i capelli bianchi, e il suo corpo in quanto strumento si è rafforzato”. Thierrée avrà impersonato Raoul più di duecento volte. “La ripetizione implica una forma di usura, ma nel corso degli anni ho imparato a trasformare questo svantaggio in un vantaggio”.
Cura artigiana
Anche la scenografia dello spettacolo è piuttosto vissuta. “Tutte le sere deve subire gli assalti di Raoul. Viene distrutta per poi essere pazientemente ricostruita il giorno dopo”. Questo dettaglio racchiude l’essenza del teatro di Thierrée, che si definisce “un artigiano puro”: “Amo l’idea di un teatro in continua costruzione. L’artigiano è totalmente preso dalla cura dei dettagli. È quello che ho imparato da bambino: bisogna avere cura anche della propria attrezzatura di scena, dai cavi alle carrucole. Quando si lavora tanto sull’immaginario, non ci sono barriere, tutto sembra possibile. Ma ci sono dei limiti a quello che possiamo fare e dipendono proprio dall’attrezzatura”.
Negli ultimi dieci anni, Thierrée è diventato anche un attore di cinema famoso in Francia. Nel 2017 ha ricevuto il premio César come migliore attore non protagonista per il ruolo nel film Mister Chocolat, la storia di una coppia mitica del circo del novecento, George Foottit e Rafael Padilla, detto Chocolat, considerato il primo artista nero della scena francese.
L’esperienza nel cinema ha permesso a Thierrée di capire dove riesce a esprimersi meglio. “Nel cinema c’è sempre molta gente che lavora intorno a te”, racconta. “Questo trambusto m’impedisce di concentrarmi. Al cinema riesco a lavorare bene solo con dei pazzi come me, come i registi Peter Greenaway o Tony Gatlif, che hanno una forza unica. In questi casi il cinema nutre il mio lavoro teatrale”. James è cresciuto tra due talenti del circo, ma ora ha capito che il suo mondo è un altro: “Il circo è il mio nido, ma mi sto allontanando. Ora appartengo al teatro”.
Un lavoro che non finisce mai
Il titolo dello spettacolo Raoul richiama la sua infanzia sul palcoscenico: “Mio padre faceva uscire i pesci da una valigia. Raoul era il pesce ‘nevrastenico’ che tentava il suicidio. Mentre lavoravo sullo spettacolo, mi è venuto in mente quel pesce. Raoul è lo spettacolo che mi accompagnerà per sempre: ne ho creati altri tre, ma Raoul torna invariabilmente a ripresentarsi. Non riesco mai ad abbandonarlo”.
In un’ora e mezza di intensissimo one man show si coglie tutto il brio dell’attore, regista, acrobata, danzatore e mago. “Si riesce a raccogliere una forza speciale quando ci si trova da soli davanti a un centinaio di persone. Non mi piace restare fuori dai miei spettacoli. Devo starci dentro e vivere una sorta di mistero. Guardo gli spettatori e ogni spettatore diventa uno specchio che mi aiuta a vedere Raoul, un uomo normale, non un eroe, soltanto un uomo messo sotto una lente d’ingrandimento”.
Il ricordo del pesce Raoul non è l’unica presenza animale in scena: l’uomo si confronta con bestie favolose, come una medusa depressa o un elefante fantasma. Le loro forme stupende sono merito di Victoria Chaplin Thierrée, sua madre, costumista e scenografa geniale. Raoul è l’apice del lavoro di Thierrée, e si trasforma a seconda del pubblico e del tempo. La torre di Raoul viene distrutta dalla tempesta, gli elementi distruggono il suo habitat, ma lui cerca di continuare a dormire. Oggi, realizza Thierrée, “Raoul ha cominciato a trasformarsi in una metafora sul rapporto dell’uomo con l’ambiente”.