Ho sempre pensato di essere femminista. Forse più per istinto che per una posizione ideologica elaborata: sono semplicemente convinto che le donne debbano avere le stesse possibilità degli uomini. E che più donne al potere siano sempre una buona cosa, a prescindere dal loro orientamento politico.

Nei giorni immediatamente successivi al voto per la Brexit, per esempio, vivevo nel Regno Unito e, nonostante il caos in cui era piombato il paese, esultavo segretamente all’idea che a fronteggiarsi per la successione al premier David Cameron fossero due donne. Due conservatrici, di cui non condividevo quasi nessun contenuto politico e che di base mi erano anche abbastanza antipatiche, ma che erano comunque donne. E questa era una buona cosa.

Quando poi la trionfatrice Theresa May ha dovuto trovare un terreno comune con la prima ministra scozzese, cercare un’alleanza con la leader del partito nordirlandese o correre a Berlino a negoziare con la cancelliera tedesca, io ero in estasi davanti a tutte queste donne che tenevano in mano il futuro dell’Europa. Anche se era un futuro tutt’altro che roseo.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Di recente ho avvertito lo stesso sentimento femminista guardando La favorita, la nuova commedia nera di Yorgos Lanthimos. Con un’interpretazione che le è già valsa un Golden Globe e la piazza in pole position per gli Oscar, l’attrice britannica Olivia Colman entra nei panni della poco nota regina Anna Stuart, salita al trono all’inizio del settecento, di cui Rachel Weisz ed Emma Stone, entrambe in forma artistica smagliante, interpretano le due favorite.

Una buona cosa di questi tempi
Senza soffermarmi sulla trama, che trasporta lo spettatore su una giostra inquietante ed esilarante da cui non vorrà più scendere, quello che ho trovato davvero interessante del film è la descrizione del rapporto tra potere e sesso consumato in ambito esclusivamente femminile.

Le tre protagoniste comandano, decidono, fanno e disfano la politica del regno a loro piacimento mentre i personaggi maschili sono relegati quasi a semplici spettatori, condizione per altro aggravata dalla moda dell’epoca che puniva gli uomini con enormi parrucche bianche e vaporose, e un trucco da marionetta.

A decidere le sorti del paese, proprio come nel Regno Unito uscito dal voto per la Brexit, sono tutte donne. Imperfette, spietate, politicamente opportuniste e non particolarmente simpatiche, ma comunque donne.

E questo, sia nell’Inghilterra maschilista del diciottesimo secolo sia nell’industria cinematografica del 2019, è una buona cosa. Ma c’è di più: in un film intriso di sensualità e traboccante di scene erotiche, il fatto che si tratti quasi sempre di rapporti omosessuali diventa un dettaglio irrilevante.

La favorita è un film sulla lotta per il potere e, siccome sia ad averlo sia a contenderselo sono donne, diventa naturale che il sesso usato come merce di scambio sia omosessuale. Inoltre ho trovato liberatoria e sorprendentemente moderna la scena in cui la regina Anna esclama alla sua favorita: “Scopami!”, perché lo fa con una crudezza che spazza via le attese pruriginose che di solito ingabbiano la descrizione della libido femminile.

Infine, nell’epoca del #MeToo il film di Lanthimos diventa un’occasione per ragionare in modo più approfondito sul sesso usato per ottenere potere e successo.

Una volta eliminato l’elemento della prevaricazione maschile sulla donna e il cronico maschilismo che infesta la nostra società, la relazione tra la capricciosa regnante e le sue favorite ci permette di avere un giudizio più sfaccettato sull’uso del sesso per procurarsi qualcosa. La vicenda di una regina stanca e malata caduta in balìa delle trame delle sue ambiziose favorite ci fa capire che non sempre il ruolo di vittima e carnefice è definito da chi ha più potere, perché a volte dipende da chi è più determinato a conquistarlo.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it