Nel 1816 Mary Shelley va in vacanza con il poeta Percy Bysshe Shelley, suo marito. Destinazione il lago di Ginevra e le Alpi svizzere. La coppia alloggia vicino a villa Diodati, che è affittata per il periodo estivo dal poeta Lord Byron, reduce dallo scandalo della separazione con la moglie, e John William Polidori, suo medico personale e scrittore. Al gruppo si aggiunge in seguito Claire Clairmont, sorellastra di Mary che a Londra aveva avuto una relazione con Byron. Prima di partire per le vacanze forse nessuno di loro aveva immaginato che l’estate non sarebbe mai arrivata: il 1816 è infatti passato alla storia come “l’anno senza estate”, caratterizzato da basse temperature e precipitazioni; l’anomalia è causata dall’eruzione del vulcano indonesiano Tambora. Questi eventi provocano danni pesanti all’agricoltura e catastrofi come l’inondazione provocata dalla rottura del ghiacciaio del Gietro.

Il gruppo si ritrova così a passare molto tempo in casa a leggere e chiacchierare. Si confrontano su temi come il galvanismo, le leggi della natura e soprattutto sulla possibilità d’infondere la vita a qualcosa di inanimato. Tra le letture, spicca l’antologia di racconti gotici tedeschi Fantasmagoriana. In quest’atmosfera Byron propone agli ospiti di scrivere a turno una storia del terrore. Mary fatica a trovare l’idea giusta ma dopo qualche giorno il subconscio le viene in soccorso con un sogno, anzi un incubo, in cui le appare la “creatura”. Nasce così il romanzo Frankenstein, o il moderno Prometeo, che sarà pubblicato nel 1818.

In search of Frankenstein. (Chloe Dewe Mathews)

Questa vicenda ha ispirato il nuovo progetto di Chloe Dewe Mathews, fotografa britannica di cui avevamo già parlato per Shot at dawn, che raccontava i luoghi in cui venivano giustiziati disertori e traditori durante la prima guerra mondiale. Suggestionata ancora da spazi che hanno un legame forte con il passato, stavolta ricostruisce la connessione tra Ginevra, le Alpi e l’epifania che ha portato alla scrittura di Frankenstein.

Intervistata dal Guardian, la fotografa afferma che “l’idea iniziale dietro al mio viaggio era di dare una risposta contemporanea al romanzo”. Se nella fredda estate del 1816 Shelley comprende quanto l’essere umano sia indifeso e impotente davanti alla natura e guarda ansiosamente a un futuro dominato dalla tecnologia, Dewe Mathews continua queste riflessioni trasportandoci in un paesaggio straordinario minacciato dal turismo di massa e dai cambiamenti climatici.

In search of Frankenstein. (Chloe Dewe Mathews)

Le immagini di In search of Frankenstein sono state scattate sulle montagne e i ghiacciai che circondano il lago di Ginevra, e anche al loro interno. Scopriamo infatti che negli anni sessanta gli svizzeri non si sono risparmiati nella costruzione di bunker. La scelta della fotografa di sovraesporre leggermente la pellicola crea una dimensione eterea e fantasmagorica, aiutata dal vuoto delle vallate e delle pareti rocciose e dall’architettura funzionale dei rifugi. Come scrive ancora Sean O’Hagan sul Guardian, l’idea di progresso scientifico, già vista con sospetto da Shelley, nelle foto di Dewe Mathews si arricchisce di aspetti ancora più oscuri e distopici.

In search of Frankenstein è in mostra fino al 1 luglio alla British library di Londra.

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