Liberato, Gaiola portafortuna
Chi è Liberato? Non lo sappiamo. Finora ci hanno detto che potrebbe essere Calcutta, IZI, Priestess, Dj Shablo, Livio Cori, ma anche Pepe Reina. Secondo una delle indiscrezioni più recenti, dietro il cantante si nasconderebbe il poeta napoletano Emanuele Cerullo. Pare che, per sapere finalmente la verità, bisognerà aspettare la nuova stagione di Gomorra.
Di una cosa ormai siamo sicuri però: l’operazione Liberato, costruita sulla musica ma anche su una furba strategia di marketing virale, ha funzionato. Il cosiddetto hype attorno ai brani del misterioso musicista è cresciuto molto, diventando un piccolo fenomeno di culto. Perfino Nino D’Angelo si è espresso (con toni piuttosto critici) sulla questione.
Adesso, dal punto di vista musicale, per Liberato viene la parte più difficile, perché il giochino dell’anonimato, da solo, non può funzionare in eterno. Quale sarà la sua prossima mossa? Arriverà un album? E, soprattutto, riuscirà Liberato a essere all’altezza delle aspettative che lui stesso ha alimentato?
Non è un caso che il nuovo singolo, Gaiola portafortuna, circondato dal solito hype, sia stato accolto con meno entusiasmo rispetto ai brani precedenti. Il pezzo in effetti non è all’altezza di Nove maggio e Tu t’e scurdat’ ‘e me (che resta la sua canzone più bella) e soprattutto non ha più l’effetto sorpresa di qualche mese fa. Non è che alla fine il marketing si mangerà la musica? Speriamo di no, perché Liberato, chiunque egli sia, è una potenziale boccata d’aria fresca per la musica italiana.
Godspeed You! Black Emperor, Anthem for no state, Pt. III
Luciferian towers, il nuovo album dei Godspeed You! Black Emperor, è un album dai toni rivoluzionari. Per presentare il disco, la band ha scritto queste poche parole: “La fine delle invasioni straniere. La fine dei confini. Lo smantellamento totale dei complessi industriali. Istruzione, alloggi, cibo e acqua riconosciuti come un diritto umano inalienabile. E che gli stronzi che hanno distrutto questo mondo non possano più parlare”.
Leggendo queste frasi, si capiscono meglio gli arrangiamenti epici che accompagnano ogni brano, quasi ci fosse una continua chiamata alle armi. Ecco dove nasce la possente orchestrazione di Undoing a Luciferian towers, il tono epico di Bosses hang pt.I, la rabbia della suite finale della suite Anthem for no state. Forse Luciferian towers non è sempre all’altezza delle sue intenzioni bellicose, perché gli manca un po’ la furia sonora dei lavori precedenti, ma è comunque un disco di ottimo livello.
Lido Pimienta, La capacidad
Il 21 settembre sul sito Pitchfork è uscito un interessante articolo su Lido Pimienta, la musicista canadese di origine colombiana che ha appena vinto il Polaris Music Prize, il più prestigioso premio musicale canadese, con il suo album La papessa, superando dischi come You want it darker di Leonard Cohen e Pleasure di Feist.
È curioso che un riconoscimento del genere vada a un’artista che canta in spagnolo, ma evidentemente oltreoceano non si fanno troppi problemi da questo punto di vista. Lo stile di Lido Pimienta (al secolo Lido Maria Pimienta Paz) pesca dalla musica tradizionale del suo paese d’origine, ma anche dall’Africa, dal Medio Oriente e dal synthpop contemporaneo (un pizzico di Björk si sente nei suoi vocalizzi).
Colapesce, Totale
In Italia c’è chi banalizza Lucio Battisti, come i Thegiornalisti, e c’è chi lo rispetta e lo attualizza, come Colapesce. Totale è il secondo estratto del nuovo disco del musicista siciliano, arrivato a pochi giorni di distanza da Ti attraverso, ed è un altro saggio della sua bravura nello scrivere canzoni pop.
Il suo nuovo disco, Infedele, uscirà il 27 ottobre per 42 Records/Believe, come conferma la torta mostrata nel video, che è diretto da Zavvo Nicolosi. La produzione del brano, come quella di tutto il disco, è affidata a Mario Conte, Iosonouncane e Giacomo Fiorenza.
Depeche Mode, Heroes (David Bowie cover)
Heroes di David Bowie e Brian Eno è una delle più belle canzoni pop rock della storia. Affrontarla vuol dire rischiare molto: la si può fare molto bene, come Peter Gabriel, che l’ha trasformata in una commovente elegia orchestrale, o molto male, come gli Oasis e i Coldplay, che l’hanno banalizzata.
I Depeche Mode non sono arrivati ai livelli di Peter Gabriel, ma non ci sono andati neanche troppo lontani. La loro versione del classico di Bowie è sobria, minimalista, ma anche emozionante. I sintetizzatori della band britannica scavano nei registri più bassi del pezzo, mentre Dave Gahan, il solito fuoriclasse, tira fuori una performance vocale di alto livello.
P.S. Ho aggiornato la playlist di settembre: non ci sono i Depeche Mode perché il pezzo non è disponibile su Spotify.
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