Gentile bibliopatologo,
negli ultimi anni mi sono resa conto di escludere a priori un romanzo per i personaggi stessi. Per esempio, sono consapevole del fatto che non terminerò mai Cent’anni di solitudineo che non riuscirò a leggere Cime tempestoseper via della protagonista Cathy Earnshaw. Forse faccio male a schioccare subito (e con impazienza) la lingua nei confronti di un libro, come quando si colpisce un cavallo con un frustino? Lei crede che sia solo una fase di passaggio, oppure sarò piena di pregiudizi per tutta la mia vita di lettrice?

- Una ventiquattrenne infastidita

Cara Infastidita,
ti auguro di conservare tutti i tuoi pregiudizi e di collezionarne molti altri nel corso della tua vita di lettrice. Quelli che chiamiamo pregiudizi sono infatti, il più delle volte, giudizi non ancora articolati che dimostrano tuttavia l’esercizio sovrano della nobile facoltà chiamata gusto. Quasi tutti i grandi critici sono stati pieni di pregiudizi, intolleranze, idiosincrasie, rifiuti categorici opposti a interi stili, scuole, generi, autori. A volte anche conditi di acrimonie personali o di risentimenti tutt’altro che edificanti. Le antipatie non sono un disturbo che impedisce al segnale letterario di raggiungerci limpido, sono al contrario dei formidabili reagenti senza i quali non si innescherebbe nessun processo chimico.

Il tuo compito non è abbandonare i pregiudizi, ma trasformarli in giudizi, acuminarli, affilarli, renderli potenzialmente letali. Ti affido alle cure del Vladimir Nabokov di Intransigenze. Ti sta antipatica Cathy Earnshaw? Benissimo. Il supremo giudice del tuo gusto ha emesso il suo verdetto, ora si tratta di stendere le motivazioni. Se non ne hai voglia, archivia pure il fascicolo e passa oltre. Oppure leggi tutto Cime tempestose tifando apertamente contro Cathy, augurandole ogni sventura. Potresti averne delle belle soddisfazioni.

Ruwad Al Karem, EyeEm/Getty Images

Gentile bibliopatologo,
da anni riesco a leggere solamente saggi ma non riesco a leggere i romanzi. Mi annoiano i dialoghi scritti e le descrizioni. Amo scrivere, capisco l’opposizione che alle volte mi si muove e cioè che la stessa storia può essere scritta in modi diversi da diversi autori e conta lo stile narrativo, ma nulla! Se leggo voglio solo informazioni e niente storie! Aiuto! Come tornare a leggere i grandi romanzi?

- Rob

Cara Rob,
Agatha Christie, che ha scritto decine di romanzi, si divertiva molto di più a comporre testi teatrali perché, diceva, l’annoiavano tutte quelle descrizioni. Va detto che spesso non le riuscivano neppure tanto bene. Se l’avessero annoiata anche i dialoghi, immagino che avrebbe fatto più o meno la tua stessa fine. La differenza è che tu, pur amando scrivere, non vivi di scrittura e non hai torme di lettori feroci pronti a torturarti se un giorno ti stufi di Hercule Poirot e vuoi mandarlo finalmente al creatore. Cosa temi, perciò? Nulla ti obbliga a considerare canonica la forma-romanzo e a ritenere ancillari gli altri generi: te lo dice uno che per anni si è diviso tra saggi e poesia, saggi e poesia, con rarissime incursioni in una trama romanzesca.

Perché incaponirti su qualcosa che ti annoia? Però, se proprio ti manca il romanzo, ti consiglio di avvicinarti ai suoi territori per gradi. Comincia, per esempio, con i grandi libri che hanno dato veste letteraria a quelle che chiami “informazioni”, abbigliandole sontuosamente, e che proprio in virtù di questa impeccabile maestria sartoriale ne hanno rivelato le forme meno visibili. Hai provato con Leonardo Sciascia, per esempio? Nell’Affaire Moro non c’è una sola notizia inventata, nessun dialogo e ben poche descrizioni. Ma dopo aver letto un capolavoro come quello, vorrai precipitarti a leggere Todo modo e Il cavaliere e la morte, ed ecco che senza accorgertene – oplà – sei di nuovo immersa fino al collo nei mari del romanzo.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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