Gentile bibliopatologo,
più che ai libri la mia patologia è legata ai segnalibri: di solito uso dei post-it, piegati in due e messi dentro le pagine; il problema è che non riesco a leggere un libro se prima non ho scelto il post-it giusto! Secondo la mia testa, il post-it deve avere un colore il più vicino possibile alla copertina oppure, nel caso di copertine dai colori-non-colori (nero, bianco, grigio e simili), il colore deve rispecchiare la sensazione che mi trasmette la storia. Se il post-it non segue questi criteri io non riesco a cominciare un libro o, se proprio lo comincio, lo leggo con ansia e nervosismo finché non ho trovato il segnalibro adatto.
-Alessandra A.
Cara Alessandra,
la parola inglese mannerism indica due cose apparentemente molto lontane. Per un verso si riferisce al manierismo come corrente artistica e letteraria, e più in generale come tendenza all’affettazione, al preziosismo e alla concettosità nell’arte. Per altro verso, informa il Cambridge Dictionary, mannerisms sono tutte quelle cose che una persona fa ripetutamente con il viso, le mani o la voce e di cui spesso non si rende conto; insomma, quasi un sinonimo di tic nervoso. Ecco, mi verrebbe da dire che la tua bibliopatologia sta a metà strada tra le due accezioni, tra il sintomo ossessivo-compulsivo e il barocchismo deliberato. Non potendo guarirti rapidamente dal primo – magari fosse così facile – ti esorto a coltivare con più gusto il secondo. Tu però lascia perdere l’abbinamento segnalibro/copertina, non devi mica coordinare delle scarpe a una borsa, e concentrati piuttosto sul nesso tra le tue sensazioni di lettrice e i colori che ti ispirano.
Se visiti quel disordinatissimo gabinetto delle meraviglie che è Il manierismo nella letteratura di Gustav René Hocke, pubblicato nel 1965 dal Saggiatore, troverai fin troppi esempi di corrispondenze tra colori, parole e stati d’animo, dalla letteratura ermetica e alchimistica della magia greco-orientale fino a James Joyce o al celebre sonetto di Arthur Rimbaud, che a ciascuna vocale attribuiva un colore – “A nero, E bianco, I rosso, U verde, O blu, vocali | Di voi narrerò un giorno i segreti natali”. Perché non provi a ordinare il tuo scaffale in base al colore dei post-it che hai scelto come segnalibri? Potresti in questo modo risalire alla regola occulta che fa sì che due libri diversissimi ti evochino entrambi il verde, o il rosso, o il blu – pensa che bell’esercizio di autoanalisi. E scopriresti, magari, che si ritrovano dorso a dorso con altri libri che hanno copertine proprio di quel colore, costringendoti a capovolgere il tuo vecchio assunto: non sarà forse che la copertina ha orientato subliminalmente gli stati d’animo suscitati dal libro?
Se poi vuoi passare dal mondo del pressappoco all’universo della precisione, prendi un libro pieno di grafici, diagrammi, numeri e tabelle, uno di quei libri che l’ottuso professor Keating dell’Attimo fuggente ti avrebbe fatto vandalizzare. Lo ha scritto il giornalista Ben Blatt e si intitola Nabokov’s favorite word is mauve (Simon & Schuster 2017). Blatt si è divertito ad applicare l’analisi statistica dei dati ai classici della letteratura e ai best seller, e ha identificato, tra le molte altre cose, le parole più ricorrenti nei romanzi dei grandi autori. Il suo libro parla poco di colori, ma tra le sue scoperte c’è quella – annunciata fin dal titolo – che la parola preferita di Vladimir Nabokov è “malva”. Ebbene, sarà un caso che almeno una decina delle copertine dei libri di Nabokov, nelle edizioni Adelphi, si muovono tra diverse gradazioni del viola? Che triangolazione si instaura tra il testo, la copertina e la lettura? E tu, che post-it hai scelto per Lolita?
Insomma, alla tua bibliopatologia sarà bene applicare il vecchio motto di Freud: dove era l’Es, deve subentrare l’Io. È tempo di portare il tuo manierismo allo stadio della consapevolezza.
Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.
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