“Al contrario di altre invenzioni dell’ottocento, la fotografia non è morta”, scrive David Campany nel suo nuovo libro Così invisibile, così presente. “Ma si è rinnovata costantemente, muovendosi, trasformandosi, cambiando e mostrando ogni volta una nuova immagine di sé”, aggiunge, “è qui che sta l’origine del suo fascino”.

Pubblicato a marzo del 2018 da Contrasto, il libro raccoglie alcune interviste realizzate dal curatore britannico a una serie di fotografi che hanno dato vita o fatto parte di questi cambiamenti.

Da Victor Burgin a Susan Meiselas, da Jeff Wall a William Klein, alcune sono avvenute nelle loro case, altre in occasione della curatela di una mostra, altre durante un giorno intero, come nel caso di Stephen Shore: “Stephen parla come fotografa: è meticoloso, chiaro, documentato, divertente. Forse è perché ha insegnato per tanti anni. Quando insegni devi scegliere le parole molto attentamente”, scrive Campany.

Scuola per parrucchieri, Tokyo, 1961.  - William Klein
Scuola per parrucchieri, Tokyo, 1961. (William Klein)

I protagonisti delle interviste, che hanno la forma di conversazioni schiette e “rimaste aperte”, come scrive lo stesso Campany, sono tutti autori che continuano a interrogarsi sul mezzo e sul linguaggio.

Meiselas riflette su quale sia il destino migliore per un’opera: “Libri e film sono per loro natura finiti, ma le mostre si dimenticano, perciò qual è la forma perfetta?”. Broomberg e Chanarin si interrogano sul rapporto tra la percezione che gli autori hanno di sé e l’arte che creano: i due raccontano un progetto in cui invitarono artisti e scrittori a inventare dei personaggi che avrebbero realizzato opere d’arte per delle mostre.

Jeff Wall ragiona sulla relazione tra fotografo e soggetto ritratto: “Alcuni si dedicano a un soggetto anima e corpo e realizzano gruppi o sequenze che lo riguardano. Io faccio la stessa cosa ma con una sola immagine, un solo lancio di dadi con cui saldo il mio debito”.

Mimic (Imitazione), 1982. 
 - Jeff Wall
Mimic (Imitazione), 1982. (Jeff Wall)

Campany indaga nel passato di questi artisti, nel percorso creativo che hanno vissuto e nel modo in cui continuano a esplorarlo. L’insieme delle loro voci, nella loro diversità, “solleva contraddizioni e paradossi, ma fornisce un’ottima definizione operativa della fotografia”.

David Campany è artista, scrittore e curatore. La nuova mostra di cui si è occupato, Handful of dust, sarà esposta dal 7 luglio al 9 dicembre del 2018 al California museum of photography, Riverside.

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