La parola “selettivo” applicata alle persone suona inquietante. “Sono tedesca, non sono più tanto giovane e purtroppo l’uso della parola ‘selettivo’ mi riporta indietro a terribili pagine della storia”, afferma Petra Krischok, portavoce dell’ong Sos Humanity, poche ore dopo essere attraccata a Catania con la nave Humanity 1.
Il comandante della nave, Joachim Ebeling, ha detto alle autorità italiane che la nave non lascerà il porto finché non saranno fatte scendere le 35 persone rimaste a bordo dopo che dalla nave ne sono sbarcate 144, e ha risposto in una lunga mail alle autorità italiane che “sarebbe stato illegale” secondo le leggi nazionali e internazionali lasciare la banchina senza assicurarsi che tutti i naufraghi fossero a terra. Ebeling, 59 anni, ha una grande esperienza di soccorso in mare.
Non era alla sua prima missione, ma non avrebbe mai creduto di trovarsi di fronte a uno sbarco “selettivo” di questo tipo. “Ho deciso che la priorità fosse la sicurezza della nave e delle persone a bordo”, ha detto il comandante, mettendosi sulla scia di altri comandanti di navi umanitarie che in passato hanno disubbidito agli ordini delle autorità italiane per rispettare le leggi internazionali sul soccorso in mare, come Carola Rackete e Marc Reig.
Dopo l’attracco della Humanity 1 al molo di levante del porto di Catania intorno alle 23.30 del 5 novembre, infatti, sono stati fatti scendere dall’imbarcazione i minorenni, tra cui molti non accompagnati, infine tutti i maggiorenni sono stati convocati nella clinica di bordo e sono stati esaminati caso per caso dai medici dell’Usmaf (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera). “Non sappiamo quali siano stati i criteri di selezione delle persone, sono stati molto rapidi a decidere chi fosse in salute, dopo una valutazione rapida e sommaria”, ha spiegato Krischok. Dicevano: “Sì, no”. Ma, continua Krischok, “una cosa del genere non l’avevamo mai vista prima”. Quelli che sono rimasti a bordo sono in uno stato di depressione: “Un ragazzo ha avuto un crollo, è stato portato via con un’ambulanza”.
Alle 11.30 del giorno successivo, il comandante ha ricevuto l’ordine di lasciare la banchina con i 35 uomini considerati non idonei allo sbarco perché in apparente stato di salute, ma Ebeling si è rifiutato di levare l’ancora. “Anche se sono adulti, anche se sembra che siano in salute, sono persone vulnerabili perché sono sopravvissuti alla traversata e hanno superato una grande quantità di traumi e inoltre hanno il diritto di chiedere asilo: la selezione è arbitraria”.
Qualche ora dopo il collegio di avvocati, che ha preso in carico la nave, ha presentato un ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio (Tar) contro il decreto interministeriale ricevuto il 4 novembre e firmato dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi, dal ministro della difesa Guido Crosetto e dal ministro delle infrastrutture Matteo Salvini. Il decreto vietava all’Humanity 1 di sostare nelle acque territoriali italiane più a lungo di quanto “necessario per le operazioni di soccorso e assistenza a persone in condizioni di emergenza e in condizioni di salute precarie”.
Il decreto Piantedosi rappresenta “una novità” nell’ambito della criminalizzazione del soccorso in mare:
“Secondo il diritto internazionale, un’operazione di ricerca e soccorso si conclude con lo sbarco dei sopravvissuti in un luogo sicuro. È illegale consentire lo sbarco solo a pochi sopravvissuti scelti. Inoltre, respingere tutti gli altri al di fuori delle acque territoriali nazionali costituisce una forma di respingimento collettivo e quindi viola sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo sia il principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati”, ha commentato Mirka Schäfer, advocacy officer dell’ong Sos Humanity.
L’ong ha annunciato inoltre un’azione legale al tribunale civile di Catania per garantire il diritto dei richiedenti asilo di accedere a una procedura formale a terra. Intanto anche la Geo Barents di Medici senza frontiere (Msf) è entrata in porto il 6 pomeriggio ed è stata sottoposta alle stesse procedure. Intorno alle 21 si è concluso lo sbarco dei vulnerabili e sono rimaste a bordo 214 persone.
“C’è una situazione di grande tensione a bordo, molte persone con problemi psicologici e problemi di scabbia”, racconta Riccardo Gatti, capomissione della Geo Barents. “Abbiamo due persone in condizioni pesanti, ci sono i medici e un’ambulanza”, continua Gatti. “Abbiamo ricevuto la comunicazione di lasciare il porto appena sono scesi i cosiddetti vulnerabili, ma abbiamo deciso di non farlo perché per noi lo sbarco non è ancora finito”. In rada nel porto di Catania ci sono ancora due navi: la Ocean Viking con 234 persone e Rise Above con 90 persone.
Secondo l’avvocato Arturo Salerni, difensore di Msf e di Open Arms nel processo in corso contro l’ex ministro Matteo Salvini, il decreto Piantedosi è stato scritto tenendo conto che nel 2019 il decreto sicurezza bis fu impugnato e annullato da un ricorso al Tar fatto proprio dalla Open Arms. “Il nuovo decreto prova ad aggirare quei problemi che portarono al suo annullamento”, afferma Salerni. “Ma non tiene conto del fatto che il nel frattempo la legge firmata da Salvini è stata modificata nel 2020”, continua.
Per il giurista ed esperto di diritto del mare Fulvio Vassallo Paleologo, il decreto Piantedosi rappresenta “una novità” nell’ambito della criminalizzazione del soccorso in mare: è stata abbandonata la strategia di emettere un divieto d’ingresso nelle acque territoriali italiane, come avvenuto in passato. “Questa volta l’ingresso è avvenuto su richiesta del governo italiano che però con il decreto Piantedosi ha fissato un termine alla nave per rimanere in porto”, afferma Vassallo Paleologo.
Regolamenti aggirati
Per il giurista il decreto viola le leggi del mare, per esempio la Convenzione Sar, che prevede che il soccorso si concluda con lo sbarco dei migranti in un porto sicuro. Inoltre ci sarebbe il tentativo di aggirare il regolamento di Dublino, la norma comune europea per il diritto di asilo, che prevede che le richieste di asilo siano prese in carico dal primo paese di sbarco, infine è violato l’articolo 10.3 del testo unico sull’immigrazione, che prevede che i migranti soccorsi in mare siano trasferiti subito in un centro di accoglienza hotspot per l’identificazione l’avvio delle procedure di asilo.
Per la decisione del Tar sul ricorso presentato dalla ong ci vorranno alcuni giorni. Per Fulvio Vassallo Paleologo, il Tar dovrebbe rilevare quella che in termini giuridici si chiama “carenza di motivazione”, perché il decreto Piantedosi nelle premesse non cita due regolamenti fondamentali come il regolamento di Dublino e il regolamento 656/2014 Frontex, ma invece cita un regolamento europeo “che in realtà è stato abrogato nel 2020”.
Per l’avvocato penalista Alessandro Gamberini, del collegio difensivo della Humanity 1, il decreto “agita categorie, quelle dell’ordine e della sicurezza, che prescindono dalla materia dell’immigrazione e non tiene conto delle sentenze recenti della cassazione, che dicono chiaramente che il diritto di asilo è previsto anche per coloro che hanno subìto torture e trattamenti inumani nei paesi di transito, non solo nei paesi di origine”. E la maggior parte di queste persone è passata dalle carceri in Libia.
In attesa del pronunciamento del Tar, la rete antirazzista catanese ha convocato un presidio permanente al molo di levante del porto di Catania. Sono gli stessi che si erano mobilitati per il blocco della nave della guardia costiera italiana Diciotti nel 2018. “Stop the attack on refugees”, è scritto su uno striscione in inglese, attaccato sul molo di levante.
“Ricordiamo che i respingimenti collettivi sono vietati dai trattati internazionali ratificati dall’Italia e pertanto il nostro paese non può effettuare alcuna selezione arbitraria e approssimativa sulla vita di queste persone. Invitiamo tutte e tutti a mantenere alta l’attenzione nelle prossime ore e a manifestare in ogni modo la propria solidarietà alle persone migranti trattenute sulle navi di soccorso”, affermano gli attivisti in un comunicato.
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