Si possono multare le ambulanze perché hanno soccorso dei feriti in mezzo alla strada? Oppure sanzionare degli automobilisti se si fermano ad aiutare la vittima di un incidente? Il sistema giuridico italiano afferma il contrario: è sanzionato chi non si ferma ad aiutare, perché l’omissione di soccorso è un reato. Ma il senso comune e anche le leggi stanno cambiando, almeno per quanto riguarda gli stranieri, considerati cittadini di serie B o addirittura non umani da chi continua a concentrarsi su misure legislative che colpiscono gli operatori umanitari e i soccorritori, quando si occupano dei migranti.
Una lunga campagna di criminalizzazione contro le organizzazioni che soccorrono migranti lungo la rotta del Mediterraneo centrale, cominciata nel lontano 2016, ha raggiunto nuovi livelli di disumanità il 23 febbraio 2023, quando, in tarda serata, la nave umanitaria Geo Barents di Medici senza frontiere (Msf), attraccata ad Ancona cinque giorni prima, è stata raggiunta da un fermo amministrativo di venti giorni e da una multa da due a diecimila euro, in base al decreto anti ong convertito in legge lo stesso giorno dal parlamento. L’ong – una delle più grandi al mondo, presente con attività umanitarie in più di ottanta paesi – è accusata di non aver condiviso con le autorità i dati del vdr (voyage data recorder), che secondo l’organizzazione non erano mai stati richiesti precedentemente.
In un comunicato, diffuso il 24 febbraio, l’organizzazione internazionale spiega che “I dati vdr hanno lo scopo di fornire, in una forma sicura e sempre disponibile, informazioni riguardanti la posizione, il movimento, lo stato fisico, il comando e il controllo di una nave nel periodo che precede e segue un incidente marittimo. Le informazioni memorizzate nel vdr devono essere utilizzate, secondo le normative vigenti, in un’investigazione successiva ad un incidente marittimo”. E aggiunge che il soccorso dei quarantotto naufraghi che si trovavano sulla nave non rientra in questa casistica: “è per questo che il comandante non ha attivato questa procedura ma ha condiviso, come sempre, tutte le altre informazioni relative alla missione”. Msf inoltre ha annunciato che valuterà un’azione legale “sulla legittimità di questa misura”.
La criminalizzazione delle ong
Questa sanzione in realtà era attesa da tempo: è il passaggio dalle parole ai fatti di un governo che ha messo la retorica contro i migranti al centro della sua campagna elettorale, minacciando addirittura il blocco navale. Arrivata al governo, su molte questioni Giorgia Meloni ha adottato un’immagine più moderata, per rassicurare i partner europei, ma questo non è avvenuto sul dossier immigrazione.
Una delle prima misure d’urgenza del governo, infatti, è stato il decreto anti-ong, varato tra Natale e Capodanno del 2022, e poi diventato legge proprio il 23 febbraio, dopo l’approvazione da parte del senato, nonostante le numerose critiche ricevute sulla non costituzionalità della norma, sollevate tra gli altri anche dal Consiglio d’Europa.
Ma la criminalizzazione delle ong viene da lontano e avvicina l’Italia a paesi come l’Ungheria, la Russia e la Polonia, che hanno sperimentato per molti annipolitiche governative avverse agli operatori umanitari e alle organizzazioni private che rappresentano la società civile. In Ungheria uno dei pilastri della guerra alle libertà democratiche è stato l’attacco sferrato da Viktor Orbán ai migranti (a partire dalla crisi dei rifugiati del 2015) e alle organizzazioni non governative che li hanno aiutati e che, parallelamente, hanno denunciato la propaganda governativa contro gli stranieri e, in generale, le restrizioni alle libertà e allo stato di diritto.
Le ong sono colpite perché producono report e monitoraggi sistematici delle azioni politiche del governo e sullo stato di salute della democrazia
Nel 2015, l’Ungheria di Orbán ha approvato la prima legge contro le ong, che mirava a screditarle e controllarle. Una legge simile era stata approvata in Russia nel 2012. Si deve considerare che in Ungheria esistono 60mila ong, molto diverse tra loro per ambito di interessi e per statuto.
Del secondo pacchetto di leggi contro i migranti e le ong, chiamate in maniera provocatoria Stop Soros, si è cominciato a parlare prima delle elezioni dell’aprile 2018, vinte da Fidesz (il partito di Orbán) con il 49,2 per cento dei voti. Le leggi sono state presentate durante la campagna elettorale e approvate solo dopo le elezioni nel giugno 2018 e prevedono una condanna fino a un anno di carcere per “chi fornisce aiuti finanziari o di altro tipo per un ingresso e per la permanenza illegale nel paese”.
In tutti questi paesi, le ong sono colpite apparentemente perché si occupano degli stranieri, ma soprattutto perché di solito producono report e monitoraggi sistematici delle azioni politiche del governo e dello stato di salute della democrazia, quindi esercitano un potere di controllo, di cui i governi vogliono sbarazzarsi.
Una misura propagandistica
È solo in quest’ottica che si può leggere l’ennesima norma contro le ong anche in Italia, che probabilmente sarà smontata in sede giudiziaria dai ricorsi che presumibilmente saranno presentati dalle ong, come già avvenuto in passato per i cosiddetti decreti sicurezza, che sono stati giudicati in molte parti contrari al diritto costituzionale e a quello internazionale.
Sicuramente la nuova norma ha uno scopo propagandistico, perché stando ai dati le organizzazioni non governative sono responsabili del dieci per cento dei soccorsi che avvengono lungo la rotta più pericolosa del mondo, quella del Mediterraneo centrale. Nella maggior parte dei casi, infatti, le persone arrivano autonomamente sulle coste italiane, con barche di fortuna, oppure sono soccorse dalla guardia di finanza e dalla guardia costiera. È questo il caso delle migliaia di persone che continuano ad arrivare a Lampedusa nelle ultime ore, partite da Sfax, in Tunisia, anche nel pieno dell’inverno.
“L’hotspot è arrivato a ospitare tremila persone negli ultimi giorni”, conferma Giovanni D’Ambrosio, operatore di Mediterranean Hope e gli arrivi sull’isola non si arrestano a causa del bel tempo. Ma la situazione sembra sempre fuori controllo, come se non ci fosse la capacità di programmare una risposta efficace e coordinata a questi arrivi.
Le mille persone che attualmente sono presenti nell’hotspot, che potrebbe ospitarne solo poche centinaia, sono arrivate da sole oppure sono state salvate dalla guardia costiera, che si muove esattamente come le ong, seguendo gli stessi protocolli. Negli ultimi tre mesi all’interno dell’hotspot della piccola isola siciliana, più vicina all’Africa che all’Italia, sono morte inoltre tre persone, tra cui una bambina molto piccola. “Per una semplice polmonite”, conferma l’operatore di Mediterranean Hope.
Ma il governo di Roma vara misure per vessare le ong e ostacolare i soccorsi invece di occuparsi della sicurezza delle persone già arrivate in Italia, che anche se hanno toccato terra, non sembrano essere ancora al sicuro.
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