Ha ricevuto un messaggio sul telefono qualche giorno fa: le annunciava che dal mese di agosto non le sarebbe stato più versato il reddito di cittadinanza. Luciana Rossi (nome di fantasia per tutelarne l’identità), 56 anni, disoccupata dal 2012, prendeva circa settecento euro al mese di sussidio, ma è tra le 169mila persone che dal 1 agosto non lo percepiranno più.
Ha un figlio di 21 anni che studia all’università: “È stato il primo a cui l’ho detto: il mio problema ora sono i seicento euro di affitto e i libri per l’università, che non so come pagare”, racconta Rossi. Il figlio le ha proposto d’interrompere gli studi e mettersi a lavorare. Ma Rossi non si dà pace: “Sono un genitore single, sono disoccupata dal 2012 nonostante non abbia mai smesso di cercare lavoro, pensavo che il governo avrebbe avuto riguardo per casi come il mio”. Ha lavorato per il call center di Trenitalia per dieci anni con un contratto a tempo indeterminato, poi l’azienda per cui lavorava non ha vinto l’appalto e ha licenziato i lavoratori e le lavoratrici, impiegate nel servizio.
“Da quel momento è cominciato un vero e proprio calvario: ho continuato a cercare un lavoro, ho partecipato a bandi pubblici, ho fatto decine di colloqui. Ma da quando avevo 46 anni mi sono resa conto che per le aziende ero troppo vecchia. Nessuno è stato disposto ad assumermi, perché preferiscono chi è più giovane, anche per usufruire degli sgravi fiscali”, spiega. Per il governo Luciana Rossi è “occupabile”, ma nella realtà ha trovato solo lavoretti “sottopagati”, “saltuari” e “in nero”.
Gli ultimi colloqui li ha fatti da poco: “Ne ho fatti tre: uno come commessa in un negozio di scarpe. Mi hanno risposto che ho un buon curriculum, ma non corrispondo ai requisiti richiesti”. Anche dai centri per l’impiego non ha avuto chiamate. Ora non sa come pagare l’affitto: “Gli amici mi stanno offrendo aiuto, sto facendo dei lavoretti a ore. Ma non so davvero come pagare la rata di settembre e le bollette”.
Un metodo agghiacciante
Anche Ida Friouichen non sa ancora cosa farà nel mese di agosto. “Sarà un’estate molto difficile”, dice, mentre partecipa a un sit-in di protesta insieme a decine di altre persone a Roma il 1 agosto. Il caldo afoso delle ultime settimane non l’ha fermata, tiene uno striscione davanti con la scritta: “Casa reddito salario”. Sono un centinaio le persone che si sono radunate davanti alla sede dell’ente previdenziale con striscioni e cartelli: “Finitela con la guerra ai poveri”, “Stop sfruttamento e precarietà”. Friouichen ha ricevuto il messaggio della sospensione del sussidio che da alcuni mesi le permetteva di avere una vita dignitosa: “Sapevano che avrebbero sospeso il reddito per i cosiddetti ‘occupabili’, ma non abbiamo ottenuto nessuna spiegazione e nessun preavviso, solo un sms. È un metodo agghiacciante”.
Friouichen, sessant’anni, psicologa e mediatrice culturale di origini marocchine, ha perso il lavoro dopo la morte del figlio. È caduta in una profonda depressione che le ha impedito di lavorare per quattro anni, poi con la pandemia anche il marito è rimasto disoccupato. E, non riuscendo più a pagare l’affitto, sono stati sfrattati. “Ho un’età in cui non riesco più a collocarmi sul mercato del lavoro e ho diverse malattie che m’impediscono di svolgere determinate mansioni, perciò sto aspettando di poter andare in pensione, ma nel frattempo il reddito mi ha permesso di vivere e di curarmi. Ho fatto la domanda per l’invalidità diversi mesi fa, ma non ho ancora ricevuto risposta”.
Le misure sostitutive
Secondo i dati dell’Inps, i nuclei percettori del reddito di cittadinanza a giugno del 2023 sono stati 895mila, per un totale di quasi due milioni di persone. Il reddito medio percepito è di cinquecento euro. La gran parte dei beneficiari risiede nel meridione e sulle isole. Nonostante il sussidio si sia dimostrato uno strumento molto efficace per contrastare la povertà, soprattutto durante la crisi economica conseguente alla pandemia di covid-19, il governo è sempre stato molto critico verso la misura, introdotta nel 2019 dal governo formato dalla Lega e dal Movimento cinque stelle.
Dal suo insediamento la presidente del consiglio Giorgia Meloni aveva promesso l’abolizione della misura di sostegno ai nuclei familiari in condizione di povertà e il 1 maggio la promessa è diventata realtà: nel cosiddetto decreto lavoro il reddito di cittadinanza è stato abolito, mentre sono state introdotte due nuove misure sostitutive, più limitate. Nella legge era previsto che il reddito fosse sospeso a tutti i beneficiari che non presentano particolari elementi di vulnerabilità a partire da agosto, come è avvenuto.
Il rapporto Istat del marzo 2023 mostra che nel biennio 2020-2021 il reddito di cittadinanza è stato uno strumento importante di contrasto alla povertà
Chi ha nel nucleo familiare anziani, minori o disabili percepirà il reddito di cittadinanza fino al 31 dicembre del 2023. Per queste categorie, dal 1 gennaio 2024 il reddito sarà sostituito dall’assegno di inclusione, una misura destinata a chi ha un reddito annuo familiare inferiore ai 9.360 euro. Il contributo economico dell’assegno di inclusione, a partire da 480 euro all’anno, sarà erogato sempre dall’Inps, attraverso però una nuova carta elettronica, la carta di inclusione, per un massimo di diciotto mesi, rinnovabili per dodici mesi.
Per le persone considerate “occupabili” – quelle che il governo non ritiene particolarmente vulnerabili – è prevista invece un’altra misura chiamata Supporto per la formazione e il lavoro, che dovrebbe partire dal settembre 2023 e prevede un contributo di 350 euro al mese, erogabili al massimo per dodici mesi. I potenziali beneficiari devono avere determinati requisiti: non superare i seimila euro di entrate annuali (la soglia sotto la quale si è considerati in povertà assoluta) e partecipare a programmi di formazione e progetti di pubblica utilità.
Le proteste
Negli ultimi giorni di luglio, mentre arrivavano i messaggi dell’Inps ai beneficiari a cui il sussidio è stato sospeso, in tutta Italia sono state organizzate proteste e manifestazioni contro l’abolizione di una misura che secondo gli esperti ha avuto effetti positivi di attenuazione della povertà, soprattutto nel contesto della crisi pandemica. Il rapporto dell’Istat Mercato del lavoro, redditi e misure di sostegno, pubblicato l’8 marzo 2023, mostra che nel biennio 2020-2021 il reddito di cittadinanza è stato uno strumento importante di contrasto alla povertà. Le famiglie che ne hanno beneficiato nel 2021, infatti, nel 74 per cento dei casi appartenevano allo strato più povero della popolazione. Soprattutto durante la pandemia, che ha colpito le fasce di lavoratori più indigenti, il sussidio ha permesso di calmierare gli effetti della crisi.
“Le misure preesistenti di contrasto alla povertà e quelle introdotte nel corso della pandemia hanno attenuato significativamente l’impatto della crisi economica, limitando la contrazione dei redditi disponibili delle famiglie”, spiega Cristina Freguja, direttrice centrale per le statistiche sociali e il welfare dell’Istat. “L’Istat ha stimato che le misure di sostegno economico erogate nel 2020 abbiano permesso a un milione di individui (in circa 500mila famiglie) di non trovarsi in condizione di povertà assoluta. Le famiglie in cui vivono queste persone, in assenza di sussidi, avrebbero infatti avuto una spesa per consumi inferiore alla propria soglia di povertà”, continua Freguja. “In altri termini, in assenza di sussidi, l’incidenza di povertà assoluta al livello individuale sarebbe stata dell’11,1 per cento (anziché del 9,4 per cento) e avrebbe coinvolto 6,6 milioni di persone anziché 5,6 milioni”.
Secondo il presidente dell’associazione Nonna Roma, Alberto Campailla, promotore della campagna Ci vuole un reddito, che negli ultimi giorni ha organizzato diverse proteste, “il nostro paese e tutta l’Europa stanno attraversando una delle fasi più difficili degli ultimi decenni e il governo Meloni invece di dare risposte e ampliare gli strumenti di lotta alla povertà, taglia il welfare e scarica le conseguenze sui comuni da un lato, salvando dall’altro i grandi evasori fiscali, mettendo così a rischio le casse dello stato”. Campailla calcola che “tra le persone seguite dalle nostre realtà associative, sindacali, sociali, circa la metà perderà il reddito, 175mila persone nella sola città di Roma”.
Maristella Cacciapaglia, sociologa e ricercatrice del dipartimento di scienze sociali e politiche dell’università di Milano, contesta la categoria di persone “occupabili” usata dal governo: “L’occupabilità, a mio avviso, non può essere la chiave di lettura di quello che sta accadendo in questi giorni intorno al reddito di cittadinanza. Dovremmo piuttosto parlare dell’occupazione che diventa ‘vulnerante’, vale a dire un’occupazione che non garantisce più di uscire dalla povertà, una situazione che tra l’altro non è solo materiale”.
Cacciapaglia, autrice del libro Con il reddito di cittadinanza. Un’etnografia critica (Meltemi, 2023), sostiene che “si possa essere poveri, pur lavorando”: “Quanti sono i contratti pagati al minimo? Alle volte i contratti non ci sono neanche oppure non sono applicati; basta guardare le tante forme di lavoro grigio e nero che caratterizzano il mercato del lavoro italiano”, continua la ricercatrice. “In questa situazione si trovano diversi degli attuali beneficiari del reddito di cittadinanza considerati ‘occupabili’, ma anche tanti professionisti, giovani lavoratori, stranieri, che sono ai margini del mercato del lavoro e della società”.
Cacciapaglia denuncia inoltre la carenza di corsi di formazione e servizi di orientamento: “Si tratta ancora una volta di soluzioni annunciate più che realizzate. A Taranto, per esempio, i corsi di formazione dedicati esclusivamente ai beneficiari del reddito di cittadinanza non si sono mai svolti e poi quelli del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol), a un anno dall’avvio della misura, non sono ancora partiti”. In realtà come quelle di Taranto, studiate da Cacciapaglia, i servizi per l’orientamento e per l’impiego di fatto non esistono: “In un centro per l’ impiego prima della pandemia si entrava facendo la fila nel cuore della notte. Addirittura, molti beneficiari sono stati convocati solo una volta, per questioni più che altro burocratiche. Ora sarà diverso? La presa in carico e il supporto agli utenti saranno reali o resteranno chimere?”.
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