In queste settimane di campagna elettorale, il rialzo dei prezzi energetici e la prospettiva di un autunno con meno gas hanno riportato al centro del dibattito politico l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), finanziato con oltre 190 miliardi di euro dall’Unione europea per rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia di covid-19.
Da un lato, la coalizione di centrodestra, formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati, promette nel suo programma una “revisione” del Pnrr. Dall’altro lato, il Partito democratico e l’alleanza tra Azione e Italia viva considerano il piano l’agenda che il futuro governo dovrà seguire nei prossimi anni.
Il partito di Giorgia Meloni, dato in testa nei sondaggi, è quello più deciso a intervenire sui soldi in arrivo dall’Europa. L’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, candidato alle elezioni con Fratelli d’Italia, ha di recente dichiarato che il Pnrr “è stato scritto in un’altra epoca”, mentre il responsabile del programma del partito, Giovambattista Fazzolari, ha proposto di rallentare la transizione ecologica prevista dal piano per intervenire sui rincari.
Il Pnrr può essere modificato, ma le regole europee tracciano limiti precisi, che impediscono, per esempio, di dirottare le risorse del piano per tagliare il costo delle bollette. Inoltre, non va dimenticato che c’è una rigida tabella di marcia da rispettare per poter ricevere i finanziamenti.
Il governo dimissionario guidato da Mario Draghi sta cercando di raggiungere il maggior numero di obiettivi prima del cambio di esecutivo, che erediterà il compito di portare avanti l’attuazione delle riforme e degli investimenti mancanti fino al 2026.
Circostanze oggettive
L’articolo 21 del regolamento, che a febbraio 2021 ha istituito il fondo europeo con cui viene finanziato il Pnrr, stabilisce che l’Italia può presentare una “richiesta motivata” per modificare il suo piano, se non può più realizzarlo, “in tutto o in parte”, a causa di “circostanze oggettive”. Questo articolo viene spesso citato da chi sostiene che il Pnrr vada rivisto, indicando tra le “circostanze oggettive” i rincari.
Se il prossimo governo dovesse presentare una richiesta di modifica del piano, i tempi non sarebbero brevi: la Commissione europea, se ritiene che le giustificazioni portate dall’Italia siano valide, valuta il nuovo piano ed entro due mesi avanza la proposta di approvazione al consiglio dell’Unione, che a sua volta avrebbe quattro settimane a disposizione, anche se possono esserci proroghe sui tempi. Se le motivazioni non dovessero essere soddisfacenti, la richiesta di modifica sarebbe respinta.
Per la realizzazione del piano l’Italia ha già ricevuto dall’Unione 46 miliardi di euro
Negli ultimi mesi ci sono comunque state delle novità. A maggio scorso la Commissione europea ha presentato il piano REPower Eu, che entrerà in vigore a gennaio 2023, con l’obiettivo di liberare gli stati membri dalla dipendenza dal gas russo nel giro di pochi anni. Tra le altre cose, una delle proposte è quella di integrare – e non di cambiare – i piani nazionali di ripresa degli stati europei con risorse aggiuntive per far fronte al contesto geopolitico creatosi con la guerra in Ucraina.
Secondo le linee guida europee, l’aumento dell’inflazione e i rincari energetici possono rientrare tra le “circostanze oggettive” per modificare singoli progetti del Pnrr. Ma le disposizioni sono chiare a riguardo: in ogni caso le priorità del piano, tra cui rientra la transizione ecologica, devono rimanere le stesse. Così come le riforme, che vanno attuate senza ritardi, visto che non sono influenzate dai prezzi energetici.
Sulla realizzazione del Pnrr è intervenuto anche il presidente della repubblica Sergio Mattarella. “La puntuale attuazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza, che ogni paese è chiamato a realizzare, è fondamentale”, ha dichiarato Mattarella in un messaggio al forum Ambrosetti di Cernobbio.
Il commissario europeo agli affari economici Paolo Gentiloni, secondo cui il percorso dell’Italia è una “corsa contro il tempo”, ha aperto al massimo a “modifiche molto limitate”.
A che punto siamo
Al momento l’Italia ha ricevuto dall’Unione europea circa 46 miliardi di euro per finanziare la realizzazione del Pnrr. Ad agosto del 2021 sono arrivati quasi 25 miliardi di euro sotto forma di prefinanziamento, mentre ad aprile 2022 è stata erogata la prima rata, da 21 miliardi, che ha certificato il raggiungimento da parte del governo dei 51 obiettivi, concordati con l’Unione, centrati entro la fine dello scorso anno.
A fine settembre la Commissione europea presenterà inoltre la sua valutazione della richiesta dell’Italia per ricevere i 21 miliardi della seconda rata, dopo che il governo ha dichiarato a fine giugno di aver raggiunto le 45 scadenze fissate per la prima metà del 2022. Ora in gioco ci sono i 55 obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre di quest’anno, per assicurarsi la terza rata da 19 miliardi e arrivare al 30 per cento di realizzazione del Pnrr, che prevede in totale 527 obiettivi entro il 30 giugno 2026.
L’obiettivo più importante da portare a termine riguarda le riforme della giustizia civile e penale
Nelle ultime settimane il governo Draghi sta provando ad accelerare i provvedimenti da adottare nei prossimi tre mesi e mezzo, prima di cedere il compito al suo successore, che potrebbe insediarsi prima della fine di ottobre, se in parlamento dovesse esserci una maggioranza netta dopo il voto.
Il 2 settembre si è riunito il consiglio dei ministri, dove è stato chiesto ai ministeri di velocizzare la tabella di marcia del piano, per approvare tra settembre e ottobre circa la metà dei 55 obiettivi di fine 2022. Secondo Il Sole 24 ore, il governo vuole centrare nel prossimo mese e mezzo 29 obiettivi. Tra quelli già raggiunti, ci sono la riforma delle commissioni tributarie, l’adozione della legge per la formazione del personale scolastico e l’approvazione dei piani di rigenerazione urbana.
L’obiettivo più importante da portare a termine prima del passaggio di consegne con il nuovo governo riguarda le riforme della giustizia civile e penale, ritenute fondamentali perché trasversali a tutti gli investimenti del piano. I disegni di legge delega delle due riforme sono stati approvati gli scorsi mesi dal parlamento, ma entro la fine del 2022 vanno adottati i decreti legislativi per concretizzare quanto previsto nei due testi.
Tempi stretti
Il prossimo governo dovrà dunque portare a termine 26 obiettivi per non rischiare di vedersi sospendere o rifiutare l’erogazione dei prossimi fondi. Una delle scadenze politicamente più pesanti riguarda la legge annuale sulla concorrenza, pubblicata in gazzetta ufficiale ad agosto.
Secondo fonti stampa, il governo Draghi lascerà in eredità al suo successore l’approvazione di 19 decreti per attuare quanto previsto dalla legge, tra cui quello per la messa a gara delle concessioni balneari dal 2024. Questa norma è contenuta nella legge sulla concorrenza, ma mancano ancora i dettagli principali su come attuarla, per esempio sugli indennizzi ai gestori che dovessero perdere la concessione.
Nel suo programma la coalizione di centrodestra, da sempre contraria alla messa a gara delle concessioni, promette la “tutela della nautica e delle imprese balneari”. Il ministro del turismo Massimo Garavaglia ha confermato che sul tema interverrà il nuovo governo.
Ampliando lo sguardo, si scopre che il numero di decreti attuativi da adottare è piuttosto alto. In base ai dati del governo, alla fine di agosto erano oltre 400 i provvedimenti da approvare, di cui 54 riguardavano il Pnrr, secondo i calcoli di Openpolis, una fondazione che promuove maggiore trasparenza nella politica.
I tempi sono stretti e lo diventeranno sempre di più: in autunno va scritta la legge di bilancio per il 2023, una delle leggi più importanti dello stato, perché dettaglia come saranno spesi i soldi pubblici e per cosa. Se la legge non dovesse essere approvata entro il 31 dicembre, il paese entrerebbe nel cosiddetto “esercizio provvisorio”, con una capacità di spesa limitata.
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