Non capita spesso di vedere in Italia un teatro di tradizione come la Scala pieno di un pubblico giovane e variegato che applaude un’opera contemporanea alla sua penultima replica. L’opera contemporanea è spesso considerata ostica e poco attraente per i grandi cartelloni italiani. Un luogo comune purtroppo abbastanza diffuso la vede soprattutto legata alla stagione delle grandi, e secondo molti inascoltabili, avanguardie musicali novecentesche o ai vari intellettualismi, sperimentalismi e minimalismi che si sono succeduti nella storia recente.
C’è anche una discreta parte di pubblico che non ha idea che ancora oggi esistano compositori di opere liriche e compagnie di artisti che le mettono in scena. Eppure l’opera non solo è viva e vegeta ma è un forma d’arte in costante evoluzione che, giustamente valorizzata, potrebbe aiutare i grandi teatri lirici italiani a non trasformarsi in bastioni della conservazione o, peggio, in parchi tematici per turisti.
The tempest è la seconda opera composta da Thomas Adès (compositore britannico nato nel 1971) ed è nata dalla collaborazione con l’autrice australiana Meredith Oakes che ha curato una riduzione particolarmente riuscita dei versi di Shakespeare. La musica di Adès sembra sgorgare dalle parole di Shakespeare asciugate ma mai banalizzate da Oakes che si prende anche qualche libertà con la trama e con i personaggi.
Omaggio a Milano
L’opera comincia con la tempesta che scaraventa sull’isola di Prospero i naufraghi protagonisti del dramma. La scena riprende specularmente i palchi e la platea del teatro, con i suoi stucchi dorati e la sua tappezzeria scarlatta mentre, come nell’opera barocca, un lenzuolo agitato suggerisce le onde del mare infuriato. È solo il primo di una serie di piccoli, accorti omaggi del regista canadese Robert Lepage alla famosa Tempesta che Giorgio Strehler mise in scena al Piccolo di Milano nel 1978. La città di Milano è al centro della macchina teatrale di questa moderna opera Shakespeariana: è nel libretto (Prospero è il deposto duca di Milano che trama vendetta) ed è continuamente in scena con i suoi richiami evidenti al teatro cittadino e quelli più nascosti all’estetica strehleriana. Nel libretto Milano è fair (bella), come la “fair Verona” di Romeo e Giulietta, ed è anche artful (ingegnosa), rare (preziosa) e skilful (industriosa). La musica della tempesta iniziale è stridente, quasi caotica ma, appena entrano in scena i personaggi, Adès diventa più melodico, più carezzevole.
Il duetto del secondo atto è il momento chiave in cui Prospero, presente ma invisibile ai personaggi, capisce che l’amore è più forte di ogni sua magia
Si potrebbe accusare The tempest di essere un’opera facile, in realtà è semplicemente un’opera felice. Tutti i personaggi hanno il loro sviluppo drammaturgico accompagnato da una musica duttile e proteiforme. La Miranda di Adès, per esempio, è meno passiva di quella shakespeariana: decide di disobbedire al padre Prospero quando s’innamora di Fernando. Prospero, dal canto suo, non è solo un perfido stregone, è un perdente in cerca di riscatto. È comunque un mago potente ma la sua magia, la sua arte magica descritta sia dalla musica di Adès sia dalla regia di Lepage, è il teatro: il mondo che lui riesce a creare intorno ai personaggi e i fili delle emozioni che riesce a intrecciare. Ne uscirà sconfitto ma la sua arte avrà creato un momento prezioso di bellezza. Calibano, il mostro-servo che ha assoggettato, è un suo doppio selvaggio e apparentemente irrazionale che nel finale, uno dei momenti musicalmente più efficaci dell’opera, si riprenderà la sua isola e tornerà a essere un tutt’uno con il mare e le rocce, una natura finalmente libera da ogni incantesimo.
I costumi di Kym Barrett e le scene di Jasmine Catudal riflettono in maniera eloquente la visione teatrale di Lepage. Il teatro stesso, con i suoi tralicci, le sue corde sospese, le quinte mobili e le buche del suggeritore, è l’isola di Prospero e la corte di naufraghi sembra un gruppo di stralunati alieni piovuti in scena da un quadro di Watteau. Prospero è un personaggio scisso, e lo è anche il suo costume: parte cappotto militaresco con medaglie, spalline e alamari e parte corpo nudo tatuato da sciamano della foresta amazzonica. Ariel, spirito senza sesso e senza età, è un incrocio tra il David Bowie di Scary Monsters e un’acrobata del Cirque du Soleil. Miranda e Ferdinando, nella perfezione del loro amore, sono una vaporosa principessa Disney col suo bel principe azzurro.
Le voci sono un altro elemento vincente dello spettacolo. Il Prospero di Leigh Melrose è un baritono acuto pieno di carattere e di sfumature mentre il Calibano di Frédéric Antoun, dietro all’aspetto mostruoso e subumano, si rivela un tenore aggraziato ed elegante. Durante la recita Antoun era indisposto ma ha comunque, eroicamente, sostenuto il suo ruolo meritandosi, alla fine, un applauso speciale. Il mezzosoprano Isabel Leonard (Miranda) e il tenore Josh Lovell (Ferdinando) hanno toni quasi belcantistici nel loro notevolissimo duetto del secondo atto: è il momento chiave in cui Prospero, sempre presente ma invisibile ai personaggi, capisce che l’amore è più forte di ogni sua magia.
Un discorso a parte va fatto per la voce dello spirito Ariel (il soprano di coloratura Audrey Luna) per cui Adès ha scritto una partitura di impressionante difficoltà. Nel primo minuto in cui è in scena Ariel snocciola una raffica di sol sopracuti, una vertiginosa decostruzione delle arie della Regina della notte del Flauto magico. Il giornalista Alex Ross, in occasione della prima rappresentazione di The tempest a New York nel 2004, scrisse che “la vera magia di quest’opera è che tutto viene da una sola matrice armonica. La musica di Ferdinando e Miranda è sontuosamente tonale, ma è un tutt’uno con la musica più dura che si sente all’inizio”. Forse è proprio in questo senso di unità, musicale e teatrale, il punto di forza di quest’opera così contemporanea eppure così facile. Anzi felice.
The tempest
di Thomas Adès
direttore Thomas Adès, regia Robert Lepage
Teatro alla Scala, Milano, fino al 18 novembre
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