Dopo il lieve rallentamento del mese di aprile, l’inflazione torna ad accelerare, toccando un livello che non si registrava dal 1986. L’inflazione indica il tasso di crescita dei prezzi di beni e servizi misurati in un dato periodo rispetto a quelli dello stesso periodo di un anno o del mese prima.

Secondo le stime preliminari dell’Istat, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, ha registrato un aumento dello 0,9 rispetto al mese precedente e del 6,9 per cento rispetto a un anno fa.

Variabilità dei prezzi

Se da un lato i prezzi dei beni energetici (+2,6 per cento nel mese di maggio), e dei beni alimentari (+1,2 per cento) continuano a essere il traino di questo aumento, anche la cosiddetta “inflazione di fondo”, cioè quella calcolata al netto di prodotti energetici e alimentari a causa della variabilità dei loro prezzi, è aumentata dal 2,4 al 3,3 per cento.

Il problema è comune a tutti i paesi dell’eurozona. Secondo una stima di Eurostat infatti, a maggio il tasso medio europeo è arrivato a toccare l’8,1 per cento, un livello mai raggiunto dalla creazione dell’unione monetaria, nel 1994. Un aumento considerevole rispetto ad aprile, quando si era attestato al 7,4 per cento. Il 31 maggio il governatore della banca d’Italia Ignazio Visco, nella sua relazione annuale ha sottolineato come, secondo le previsioni più diffuse, la crescita dei prezzi nell’area dell’euro si manterrà elevata quest’anno per poi calare in modo deciso nel 2023 e assestarsi successivamente su valori ritenuti stabili dalla Banca centrale europea, intorno al 2 per cento.

Per Visco sarebbe da evitare una “vana rincorsa tra prezzi e salari”, che trascinerebbe ancora più in alto l’inflazione come successe negli anni settanta, e non bisognerebbe fare ricorso a nuovi titoli di stato, aumentando il debito pubblico, già troppo elevato.

Nonostante non si possa annullare l’effetto d’insieme dell’inflazione, nei prossimi mesi sarà compito del governo ridistribuirne gli effetti tra famiglie e imprese, e tra generazioni presenti e future, per esempio tramite un aumento dei salari una tantum, come suggerisce il governatore della Banca d’Italia, che non alimenterebbe ulteriormente l’inflazione.

Il pil in leggera salita

L’Istat ha inoltre pubblicato i dati relativi al prodotto interno lordo (pil), che nel primo trimestre del 2022 ha registrato una crescita dello 0,1 per cento, portando al 2,6 per cento la crescita acquisita per il 2022, ovvero quella che si realizzerebbe se il pil restasse invariato da qui a fine anno.

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