L’ex Westinghouse è un’area di fabbriche abbandonate di 25mila metri quadrati nell’elegante quartiere torinese di Cenisia, oggi al centro di una contestata opera di riqualificazione. Qui è prevista la costruzione di un centro congressi da 5mila posti, un albergo e un ipermercato Esselunga di 4mila metri quadrati. L’ipermercato in particolare dovrebbe sorgere dove ora c’è il giardino Artiglieri da montagna, una delle pochissime aree verdi della zona.
Un gruppo di abitanti della zona e frequentatori del vicino centro culturale Comala si sta battendo contro la cementificazione del parco e ha fondato il comitato EsseNon. Il nome, spiega Francesca, che fa parte del comitato, non è solo un gioco di parole con Esselunga, ma indica anche un’idea alternativa di città: “E se non costruissimo Esselunga potremmo pensare a un modello urbanistico differente da quello portato avanti dalle ultime amministrazioni”, spiega quando la incontriamo nel giardino di Comala, un centro che ospita le attività di svariate associazioni e gruppi informali, soprattutto di giovani, e da cui è partita la battaglia.
In un pomeriggio di primavera il centro è affollatissimo di ragazzi e ragazze. Chi studia, chi chiacchiera e chi si rilassa. L’associzione Comala, che occupa una parte di un’ex caserma, è uno spazio polifunzionale che comprende sale prove, studi di registrazione, aule per laboratori, aree ricreative e un cortile esterno. C’è anche un bar, ma la consumazione non è obbligatoria e in molti utilizzano lo spazio come aula studio o per incontrare gli amici. “Comala è nata dieci anni fa, all’inizio come sala prove”, racconta Matteo, studente di giurisprudenza e membro anche lui del comitato EsseNon.
Sui tavoli c’è un codice QR che rimanda alla pagina del collettivo: nonostante Comala sia molto apprezzata dai giovani torinesi, infatti, fino a pochi giorni fa era condannata alla demolizione. Al suo posto era prevista la strada di servizio per i tir del supermercato. Ma almeno su questo punto il comitato ha vinto la battaglia.
Progetti mancati
Per capire perché il comune di Torino permette la demolizione di un giardino è necessario tornare agli inizi degli anni duemila, quando sull’ex Westinghouse doveva essere costruita la nuova biblioteca civica centrale torinese. Il progetto doveva rappresentare la “nuova Torino” nata dalle Olimpiadi del 2006, non più una città di fabbriche ma una metropoli incentrata sul terziario avanzato, sulla cultura e sugli eventi. Per questo il suo ideatore, l’archistar Mario Bellini, aveva immaginato un polo culturale di sei piani dotato anche di centri culturali, due teatri e sale di lettura e per conferenze.
La biblioteca però non è mai nata. Le Olimpiadi infatti hanno lasciato Torino con un debito pubblico di oltre 3 miliardi di euro, oggi ridotto a poco meno di 2,6 miliardi di euro. I soldi sono serviti a realizzare opere come la metropolitana e il passante ferroviario, ma anche per strutture dismesse subito dopo i giochi, come per esempio i padiglioni Atrium, costati 7 milioni di euro e poi demoliti nel 2010. Il pesante indebitamento ha costretto l’amministrazione comunale ad annullare la realizzazione della biblioteca civica, non prima però di aver pagato 16 milioni di euro all’architetto Bellini per il progetto.
Così nel 2013 l’area ex Westinghouse è stata messa a bando. Nelle intenzioni dell’allora sindaco Piero Fassino e del suo assessore all’urbanistica Stefano Lo Russo (oggi a sua volta sindaco) lì doveva sorgere un centro congressi da 5mila posti. L’area edificabile però è stata aumentata fino a 40mila metri quadri e a quel punto ha inglobato anche il giardino pubblico Artiglieri da Montagna, sul cui spazio è stata approvata la costruzione di un supermercato. A vincere il bando è stata Amteco & Maiora, una società collegata al gruppo Esselunga, che ha offerto circa 19 milioni di euro.
Nel corso degli anni però il progetto è stato rallentato da vari fattori, tra cui i problemi economici di Amteco & Maiora, la morte del fondatore di Esselunga Bernardo Caprotti e il ricorso legale di NovaCoop, che ha contestato l’esito della gara. Intanto nel circostante quartiere Cenisia gli abitanti hanno cominciato a protestare contro il progetto, che li priverebbe di una delle poche aree verdi di cui dispongono, trovando una sponda politica nell’allora candidata sindaca del Movimento 5 stelle Chiara Appendino.
Il signor No
“In campagna elettorale facemmo diverse riunioni nella zona, impegnandoci come Movimento 5 stelle a fermare questa operazione”, ricorda Guido Montanari, vicesindaco e assessore all’urbanistica dal 2016 al 2019. A Torino Montanari è una figura nota: docente di storia dell’architettura contemporanea al Politecnico, viene chiamato dai critici “Il signor No” per le sue posizioni ambientaliste, e la sua nomina dopo la vittoria di Appendino aveva fatto pensare a molti che il progetto fosse definitivamente tramontato. Ancora una volta però non è stato così.
Sebbene contrario al progetto – in una conversazione telefonica con L’Essenziale spiega di considerarlo “sbagliato dalla A alla Z” – è stato proprio Montanari a dover dare il via libera. “Non abbiamo avuto la forza e il coraggio di interrompere la procedura”, racconta l’ex vicesindaco. Tornare indietro avrebbe costretto Torino, già indebitata, a restituire i soldi incassati, necessari per far quadrare i bilanci. “Di fronte al disastro ci siamo accorti che tornare indietro sarebbe stato estremamente oneroso per la città”, spiega.
Secondo Montanari, che alla sua esperienza politica ha dedicato il libro Torino Futura (Celid 2021), un debito pubblico così grande non permetteva di andare oltre l’ordinaria amministrazione. “Gli spazi di manovra sono stati molto ridotti, noi sostanzialmente non abbiamo fatto politica”, ammette l’ex vicesindaco. “Abbiamo giocato sempre a ridurre il debito con operazioni di corto respiro”.
Nel settembre 2021 l’associazione Comala ha scoperto improvvisamente che era prevista la demolizione della sua sede e da lì è nato il comitato EsseNon. A febbraio la loro prima manifestazione è finita con cariche della polizia. “C’era il blocco delle manifestazioni in zona gialla e ci siamo ritrovati con gente con la testa rotta”, ricorda Margherita, una studentessa di storia, tra gli organizzatori.
Eppure EsseNon ha continuato a organizzare manifestazioni, flash mob, dibattiti e persino un carnevale per le vie del quartiere ed è riuscito a portare a casa una prima parziale vittoria. L’8 giugno, su richiesta del comune, Esselunga rinuncia alla strada per i tir, salvando il centro culturale. “Abbiamo risolto un problema che era risolvibile, ascoltando la domanda sociale molto forte che veniva da Comala e dalla circoscrizione”, commenta Jacopo Rosatelli, assessore alle politiche sociali. Eletto nella lista civica Torino ecologista, è stato l’unico politico a solidarizzare con i manifestanti dopo gli scontri di febbraio ed è molto soddisfatto del risultato raggiunto.
Tutto bene, dunque? Secondo Francesca del collettivo EsseNon è più complicato. È vero, il comitato ha ottenuto una parziale vittoria, il centro culturale è salvo, ma lo stesso non si può dire del giardino: “La modifica è un pezzo che ci portiamo a casa, però il progetto prevede ancora la costruzione di un supermercato. Noi andremo avanti e ci prenderemo cura di questo parco per far vedere che è un luogo su cui non si deve costruire”. Ma secondo l’assessore Rosatelli non sarà semplice tornare indietro: “Ci sono accordi presi da amministrazioni precedenti che prevedono penali e non è possibile cancellarli con un tratto di penna”.
L’unica via di uscita
Il tema è sempre che un comune indebitato ha poco margine di manovra. In questi mesi, spiega Rosatelli, l’amministrazione è intervenuta diverse volte per salvare aree verdi in precedenza dichiarate edificabili e ha adottato una tassazione progressiva, aumentando l’addizionale Irpef per i redditi medio-alti e preservando invece quelli sotto i 28mila euro. Ma, quando hai 2,6 miliardi di debito, svendere tutto può sembrare l’unica via di uscita.
Il problema nasce dal modello di sviluppo scelto per affrontare la crisi del settore automobilistico, dice Giovanni Semi, sociologo dell’Università di Torino: un modello basato sui grandi eventi, che hanno generato deficit senza portare sviluppo. Negli ultimi dieci anni la città ha perso circa 55mila abitanti e un decimo della popolazione è sotto la soglia di povertà. In compenso sono aumentati i supermercati, e per il 2022 ne sono previsti altri sei. “Puntare tutto sul terziario turistico o sugli eventi è rischioso, se poi devi competere con città come Venezia o Firenze, e chi credeva che Torino potesse diventare un polo fieristico dimenticava che Milano ha due aeroporti e una struttura ricettiva bene organizzata”, conclude Semi.
Margherita però non è pronta a gettare la spugna. Per essere approvato definitivamente, il progetto sull’area ex Westinghouse deve passare in consiglio comunale e lei spera che sensibilizzando i cittadini sia possibile bloccarlo: “Vorrei vivere in una città che abbia spazi di socialità e non solo per il consumo”.
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