Una persona su dieci in Italia ha fatto uso di cannabis o di suoi derivati, secondo le stime più recenti dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze.
La percentuale di consumatori si alza se si analizzano le fasce più giovani della popolazione: un quarto degli italiani tra i 15 e i 19 anni ha detto di aver consumato cannabis almeno una volta nella vita (il 27 per cento tra i ragazzi, il 23 per cento tra le ragazze).
Di questi, l’1,3 per cento ha riferito di averne fatto un uso frequente, cioè venti o più volte in un mese. Nel 2019 ci sono state 46mila infrazioni e reati legati alla cannabis in Italia (31mila legati all’uso, 15mila alla vendita).
Il mercato delle sostanze stupefacenti muove ogni anno attività economiche per circa 16 miliardi di euro, di cui il 39 per cento attribuibile al consumo della cannabis e dei suoi derivati (l’equivalente di circa 6,3 miliardi di euro), secondo quanto riportato nella relazione parlamentare sull’uso delle droghe in Italia presentata nel 2021.
Nel rapporto dell’Istat dell’ottobre del 2021 sull’economia non osservata, nel 2019 la spesa delle famiglie italiane in attività illegali (quali droga, prostituzione e contrabbando di sigarette) ammontava a 22 miliardi di euro. Soldi assorbiti in gran parte dalla criminalità organizzata che gestisce il traffico e lo spaccio, oltre al resto delle attività illegali.
Secondo l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, nel 2019 gli stati dell’Unione europea hanno segnalato 326mila sequestri di resina di cannabis per un totale di 465 tonnellate e 313mila sequestri di cannabis in foglie e infiorescenze per un totale di 148 tonnellate.
Il consumo di cannabis è più diffuso in Francia (11 per cento della popolazione), Spagna (10,5 per cento) e Italia (10 per cento). Lo stato dove si consuma meno cannabis in Europa è l’Ungheria (1,3 per cento della popolazione).
Restringendo il calcolo sui giovani tra i 15 e i 24 anni la percentuale in Italia sale al 24 per cento (circa un giovane su quattro) al di sotto di Francia e Repubblica Ceca (rispettivamente con il 28 e il 27 per cento). Sull’altro estremo si trovano Grecia e Ungheria, con meno del 3,5 per cento di giovani che hanno utilizzato cannabis nell’ultimo anno.
Una ricerca dell’università di Messina ha stabilito i costi e i benefici di un’eventuale legalizzazione della cannabis in Italia. Proiettando i dati del Colorado (Stati Uniti) – dove la sostanza è legale dal 2012 – sulla popolazione italiana e ipotizzando accise, tasse statali e locali pari al 32 per cento, il gettito per una popolazione di 60 milioni di abitanti sarebbe di 3,26 miliardi di euro su un fatturato superiore ai dieci miliardi di euro.
Oltre al gettito fiscale derivante dal commercio legale della cannabis, si registrerebbero altri risparmi. I ricercatori hanno calcolato che in un anno si risparmierebbero 541,67 milioni di euro per le spese di magistratura carceraria e 228,37 milioni per le spese legate a operazioni di polizia.
Alcuni studi stimano che la legalizzazione della cannabis in Italia favorirebbe la creazione di molti posti di lavoro tra stagionali impiegati nelle piantagioni e addetti alla vendita, producendo un ulteriore gettito irpef.
In Italia la possibilità di ricorrere legalmente a farmaci cannabinoidi esiste dal 2007. Dal 2017 la cannabis viene coltivata a scopo terapeutico direttamente dallo stato, presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e sotto la supervisione dei ministeri della difesa e della salute, con lo scopo di diminuire le importazioni dall’estero, soprattutto dai Paesi Bassi.
È ritenuta utile per la cura di diverse patologie: dall’ansia alla depressione, ma anche malattie reumatiche o neuropatie. Inoltre è efficace come stimolante dell’appetito per chi soffre di anoressia, come antidolorifico, e per lenire gli effetti collaterali di chemioterapie e radioterapie in pazienti oncologici.
La sostanza è attualmente disponibile in Italia in due varianti: Fm1 e Fm2. Il ministero della salute ha pubblicato i dati relativi al consumo di cannabis medica degli ultimi quattro anni. La vendita di questa sostanza risulta in aumento anno dopo anno, arrivando a 1,2 tonnellate nel 2021, con l’Emilia-Romagna in testa tra le regioni rappresentando più del 25 per cento del totale.
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