Nella serata di mercoledì 2 novembre la sala del Michelangelo, a Modena, è piena per tre quarti. Il teatro, totalmente privato, è stato inaugurato nel 1988 e da quel momento non si è più fermato, arricchendo gradualmente la varietà della programmazione per attirare diversi segmenti di pubblico. “Nel 2019 abbiamo toccato le 50mila presenze, un risultato soddisfacente per un teatro di provincia”, spiega il direttore Berto Gavioli.
Oggi, dopo due anni di pandemia e nel pieno di una crisi energetica che sta portando alle stelle il costo delle utenze, gli abbonati agli spettacoli in prosa sono dimezzati rispetto al passato, e il teatro ha deciso di ridurre da tre a due le serate settimanali normalmente previste, in modo da tagliare i consumi e accorpare il pubblico. “È stata una scelta difficile ma purtroppo necessaria, stiamo facendo di tutto per restare accesi e garantire la continuità”, ha detto Gavioli rivolgendosi agli spettatori con un breve discorso.
Il Michelangelo è riuscito a sopravvivere alla pandemia grazie ai sussidi statali, ma deve ora contare sulle proprie forze per superare la stagione, su cui la crisi energetica pesa come una spada di Damocle. “È un anno difficile. Se le attività smettono, e i pericoli sono tanti, sapete che ricominciare è quasi impossibile”, ha affermato il direttore prima dell’alzata del sipario.
Da Milano a Roma
Il teatro Michelangelo non è l’unico a dover fare i conti con l’impatto della crisi energetica. Anche nelle grandi città i teatri storici, conosciuti al livello nazionale e internazionale, stanno prendendo provvedimenti per mitigare i rincari ed evitare di compromettere la stagione appena cominciata. “La situazione è analoga per tutti”, osserva Carlo Gavaudan, presidente del teatro Carcano di Milano, inaugurato nel 1803 e situato nel centro storico, a pochi minuti da piazza del Duomo. “La struttura ha subìto vari cambiamenti nel tempo, ma non è particolarmente moderna dal punto di vista della manutenzione. Anche per questo soffriamo in modo pesante la condizione attuale”.
Per ridurre le spese, il Carcano ha già provveduto a cambiare il parco luci in modo da illuminare il palcoscenico, la sala e le aree di servizio solo con sistemi a led. Non sempre, però, le nuove attrezzature possono essere sfruttate. Spesso infatti le compagnie esterne ospitate dalla struttura chiedono di usare i propri strumenti: “Abbiamo fatto un investimento molto importante che ci permetterebbe di risparmiare, ma non tutte le compagnie riescono a modificare i loro sistemi di illuminazione, e ci costringono a sostenere consumi energetici importanti”, spiega Gavaudan.
A Torino, una situazione simile è quella della fondazione Teatro Stabile – Teatro Nazionale, che gestisce due teatri nel centro città (il Carignano e il Gobetti) e il complesso delle Fonderie Limone, a Moncalieri, a sua volta composto da due teatri, una scuola di recitazione e vari laboratori. “In media, fino al 2019 abbiamo speso circa 340mila euro all’anno tra luce e gas, per tutte le strutture”, calcola il direttore Filippo Fonsatti. Nel 2022, il teatro prevede di spendere più di 500mila euro, quasi il doppio. La stima potrebbe scendere leggermente a causa del riscaldamento climatico, che a settembre e ottobre ha colpito l’Italia con temperature ben al di sopra della media stagionale: “Al di là della notizia devastante per l’ambiente, dobbiamo ammettere che da un punto di vista meramente contabile questo può aiutarci”, dice Fonsatti. Nel 2023, invece, i costi cresceranno di una cifra compresa tra gli 800mila e il milione di euro, in base anche alla volatilità dei prezzi del gas.
Gli aumenti dei costi non sono arrivati in modo improvviso o inaspettato, anzi. Anche se l’impennata si è presentata in modo netto nella seconda metà del 2022, i rincari erano significativi ormai da mesi. A luglio, il teatro romano di Brancaccio, nel quartiere dell’Esquilino, ha organizzato un festival di danza contemporanea della durata di 16 giorni, con una bolletta da 22mila euro: quasi il triplo degli ottomila euro spesi nel 2021 e oltre sette volte superiore a quella del 2020, di tremila euro. “In realtà, l’aumento lo avevamo già patito in modo pesante”, sottolinea il direttore artistico Alessandro Longobardi.
Inevitabilmente, il caro energia ha raggiunto anche i teatri del Mezzogiorno. “L’aumento delle bollette di luce e gas, e i rincari in genere, hanno un impatto potenzialmente devastante sulle nostre strutture”, spiegano Roberta Starace Caccavale e Giuseppe Caccavale, che dirigono il teatro Politeama di Catanzaro. “Già dalla stagione passata abbiamo registrato rincari delle bollette del gas pari al 300 per cento. È stato più contenuto, invece, l’aumento di quelle dell’energia elettrica, dato che avevamo già preso dei primi provvedimenti per abbatterne i consumi”.
In una comunicazione dello scorso ottobre, il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita ha evidenziato le difficoltà riscontrate dal teatro Politeama, inaugurato nel 2002 e tra i principali in città: “Con grandi sforzi sono state individuate le risorse disponibili, per forza di cose inferiori rispetto al passato, con cui salvare parzialmente la stagione e garantire continuità alla macchina organizzativa del Politeama”, si legge nel documento. In futuro, l’amministrazione intende migliorare l’efficienza energetica della struttura, in modo anche da risparmiare sui costi delle bollette, ma ora “la stagione deve continuare, non possiamo bloccarla o ridurla. Per noi significherebbe non lavorare e non far lavorare”, hanno spiegato i direttori.
I danni della pandemia
Negli ultimi due anni, il mondo del teatro è stato messo a dura prova dalla pandemia, con una serie di chiusure forzate e riaperture incerte e intermittenti che hanno compromesso, se non annullato, le ultime due stagioni. Secondo l’Annuario dello spettacolo della Società italiana degli autori ed editori (Siae), nel 2020 gli ingressi al livello nazionale sono calati di oltre il 70 per cento, e le entrate al botteghino sono passate da 426 milioni di euro a 94,7 milioni di euro, il 78 per cento in meno. I dati per il 2021 non sono ancora disponibili.
Oggi la situazione è migliorata, pur senza tornare ai precedenti livelli di presenze ed entrate. Complici anche le belle giornate e la stagione teatrale ancora all’inizio, alla fine di ottobre il teatro Brancaccio registrava un volume di spettatori e un fatturato pari al 40 per cento rispetto ai numeri del 2019. “Il costo del riscaldamento e dell’energia elettrica pesa come un affitto”, ha affermato il direttore Longobardi, ma fermare la stagione non è un’opzione: “Se ci fermiamo siamo morti, un teatro chiuso non lo riapri più”.
“Il nostro pubblico sta tornando con una grande voglia di partecipare, ma gli abbonati più anziani hanno ancora grande timore a frequentare le sale al chiuso”, ha spiegato invece Gavaudan, del teatro Carcano. “Mettendo insieme tutte le problematiche, viviamo un momento di grande difficoltà”.
Sussidi insufficienti
Lo scorso settembre, con il decreto aiuti ter il governo Draghi ha stanziato 40 milioni di euro per il 2022 a favore di teatri, sale da concerto e cinema, destinati a “mitigare gli effetti dell’aumento dei costi di fornitura di energia elettrica e di gas”. I dettagli per la spartizione dei fondi dovevano essere chiariti dal ministero della cultura entro il 24 ottobre, ma a oggi il decreto attuativo ancora non c’è.
Intanto, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha messo a disposizione contributi a fondo perduto per 300 milioni di euro, volti a migliorare l’efficienza energetica di cinema, teatri e musei da qui al 2026. Al momento, circa cento milioni di euro sono stati allocati a più di 300 strutture tramite un bando organizzato dal ministero della cultura. Tra i beneficiari rientrano anche il teatro Carcano di Milano, che riceverà 320mila euro, e il teatro Stabile di Torino, che distribuirà circa un milione di euro sulle sue tre strutture. Secondo i responsabili, però, i fondi rischiano di non essere sufficienti.
Il Carcano, per esempio, li userà per ammodernare il sistema di riscaldamento, che al momento funziona ancora a gasolio. Sostituire l’intero impianto costerà più di 800mila euro: più del doppio di quanto stanziato con il Pnrr. A causa del divario importante tra i fondi necessari e quelli disponibili, a cui si uniscono le spese già sostenute per cambiare l’illuminazione e il costo dell’affitto, il teatro rischia di non riuscire a migliorare gli impianti di riscaldamento, nemmeno con le risorse del Pnrr.
Migliori sono invece le stime della fondazione Stabile, per la quale il milione messo a disposizione dal Pnrr coprirà circa l’80 per cento dei lavori previsti per il teatro Carignano, il teatro Gobetti e le Fonderie Limone. “Nel 2023, gli spazi saranno dotati di pannelli fotovoltaici e faremo interventi di ottimizzazione per i sistemi di riscaldamento, installando pompe di calore che integrino le caldaie a gas”, ha spiegato Fonsatti. La fondazione, quindi, guarda avanti, e spera che già nel corso del prossimo autunno sarà possibile vedere i primi benefici per quanto riguarda il contenimento dei consumi e l’abbattimento dei costi. “C’è preoccupazione, ma abbiamo messo in moto dei meccanismi che possono ridurre l’impatto degli aumenti”, ha detto il direttore, ricordando anche che la fondazione sta promuovendo una campagna che punta sull’attenzione ai piccoli gesti quotidiani, come spegnere la luce negli uffici vuoti.
I piccoli teatri di provincia sono stati meno fortunati. A Modena, il Michelangelo ha ricevuto sussidi importanti durante la pandemia ma, a meno di un cambiamento nelle norme, non riceverà più alcun tipo di sostegno pubblico. “Non abbiamo assolutamente nulla, nessuna previsione di ricevere aiuti. Sarà un esperimento, e vedremo la risposta del pubblico”, ha detto Gavioli. “Dovremo navigare a vista”.
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