Sono passate da poco le dieci e mezza di sera quando Fulminacci sta per concludere il suo concerto sul palco principale di Spring Attitude, a Roma. È venerdì 16 settembre – il primo dei due giorni del festival – e siamo a Cinecittà, in un grande spazio all’aperto con una scenografia che rimanda all’antica Roma: scalinate, colonne, terrazze, balconi.
Poco prima era arrivato Daniele Silvestri, “il motivo per cui faccio musica”, ha detto Fulminacci; hanno eseguito una cover della sua Salirò apprezzata da un pubblico in cui ci sono perfino i bambini, in un passaggio di consegne tra vecchio e nuovo. Il resto prosegue in stile karaoke, tra cori di Hey Jude dei Beatles e le varie Tattica e Santa Marinella, per le quali Fulminacci è considerato uno dei cantanti più freschi della nuova generazione.
Sull’altro palco, più arroccato, comincia il set degli israeliani Red Axes, un duo di elettronica che spazia tra la disco e l’house. È un momento scuro e intenso, da ballare, l’opposto del live appena finito. Anche gli spettatori sono in parte diversi: chi c’era prima ora è a cena, e viceversa.
Questa non è neanche l’appendice della giornata: subito dopo all’impianto principale parte lo show di Cosmo – un ibrido proprio tra pop tradizionale e suoni liquidi e sperimentali, da club – e la confusione aumenta.
Ma presto tutto torna. I Red Axes fanno crescere l’atmosfera, sembra un riscaldamento per il passaggio successivo, che comincia verso mezzanotte con il parterre affollato e voglioso. Cosmo mette in piedi una festa che è un inno alla danza, alla corporeità e al lasciarsi andare, chiudendo quel cerchio aperto nel pomeriggio dall’elettropop di Ditonellapiaga e passato per gli altri ospiti, Fulminacci compreso. La forza di Spring Attitude sono i ponti che crea.
Il festival di Roma
Nella capitale mancano festival musicali per il grande pubblico. D’estate, per esempio, ci sono solo rassegne come Rock in Roma: due mesi di singoli concerti inseriti in cartelloni ampi, per i quali bisogna comunque acquistare il singolo biglietto ogni sera.
Non c’è un appuntamento che in pochi giorni proponga tutta insieme una selezione di live diversi ma coerenti tra loro, costruendo percorsi sonori e rappresentando una vera esperienza per chi partecipa e con un legame con il luogo che lo ospita, come succede spesso nel resto d’Italia.
Spring Attitude è l’eccezione. È l’unico evento del genere a Roma ad attirare migliaia di spettatori; e se cinque, sei anni fa era un’istituzione per produttori di elettronica, con il tempo ha coinvolto sempre di più quel pop influenzato dall’elettronica stessa. Un po’ per necessità, un po’ per il deserto che lo circonda.
E per questa edizione, al completo dopo due anni di pandemia, ha rilanciato: musica fin dal pomeriggio a Cinecittà, con scenografie in stile antica Roma a creare un raccordo con la storia del posto, possibilità di assistere in più modi agli show (nella calca, più larghi sulle terrazze, seduti sugli scalini) e una selezione mai tanto ricca e variegata, tra italiani e stranieri, popstar e dj.
Hanno spiccato i nomi di Iosonouncane e Nu Genea, forse i due migliori show in giro quest’estate per il nostro paese, ma in generale tutte le performance sono sembrate coinvolgenti. Così come la scelta di un programma con orari serrati, che invitava a un gioco a rimbalzo tra i due palchi, è stata vincente, a parte qualche set a cui forse sarebbe stato meglio assistere in un altro orario.
È stato uno dei migliori festival dell’estate. Per la varietà e per la capacità di creare connessioni tra mondi lontani
Per esempio i Kokoroko, con un jazz piegato dall’afrobeat, avrebbero trovato un’atmosfera migliore all’ora dell’aperitivo piuttosto che alle undici di sera, quando conveniva alzare già il ritmo. E lo stesso Iosonouncane non è stato valorizzato al massimo: il suo live cerebrale e denso – che ha mischiato i monoliti dell’ultimo album Ira (2021) con classici del precedente Die (2015) in un mix tra post-rock, pulsazioni e world music – va ascoltato con attenzione e magari si sarebbe perso in un palco grande come quello principale, eppure è stato difficile da seguire per bene dallo spazio più piccolo che gli è stato riservato.
Ma al di là di tutto questo, è un po’ mancata, soprattutto la prima serata, la vivibilità che rende la partecipazione a un festival un’esperienza a tutto tondo. Alcuni spazi erano troppo affollati, mentre le code per il cibo, le bevande e i bagni duravano anche un’ora.
La musica oltre l’ostacolo
Peccato, perché dal punto di vista tecnico è stato uno dei migliori festival dell’estate. Per varietà, capacità di creare connessioni tra mondi lontani e artisti coinvolti.
Sabato 17 è stato un privilegio, per esempio, poter ascoltare, prima, i Calibro 35 – super band con Massimo Martellotta, Enrico Gabrielli e Fabio Rondanini – che al tramonto hanno fatto a pezzi in chiave funk-jazz alcuni classici di Ennio Morricone, con enfasi sul tema di La classe operaia va in paradiso e la sua dimensione fisica.
Poi, Venerus e il suo spettacolo anni settanta, con assoli di sax e chitarra a riarrangiare le varie Ogni pensiero vola e Love anthem, no.1, portandole dallo stile originale, urban, verso i Pink Floyd e il glam rock. Quindi, il circo dei Nu Genea, che hanno portato la tradizione funk napoletana degli anni settanta in uno spettacolo ibrido e da ballare, popolare e ricercato, con i sintetizzatori da una parte e gli strumenti della tradizione (chitarre acustiche, percussioni, cori femminili) dall’altra.
E in chiusura il dj set di Ellen Allien ha riportato il festival alle sue radici da clubbing. Nei due giorni c’era anche la provincia veneta trafitta dalla psichedelia dei Post Nebbia; Whitemary che ha ribaltato gli stereotipi (la cassa dritta cantata in italiano, da una donna); e appunto il pop trasversale di Fulminacci e Cosmo.
Al di là dell’abbondanza, di per sé sono artisti molto diversi tra loro, ma che condividono un approccio alla musica coraggioso, alternativo. Il modo in cui usano l’elemento elettronico è spesso lo strumento per rompere con la tradizione e i canoni prestabiliti. A Spring Attitude il merito di averlo mostrato.
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