Lo spazio pubblico veicola messaggi e valori collettivi. Per capire quali, un indizio lo fornisce la presenza – o meno – di monumenti dedicati alle donne. Il collettivo di professionisti dei beni culturali Mi riconosci? li ha censiti. L’indagine, che ha escluso figure allegoriche, come la Patria o la Vittoria, e mitologiche, come Venere o la Madonna, ha calcolato che in Italia le statue di donne sono appena 148. E solo un terzo di queste si trova in una piazza.
Mettendo insieme Roma, Napoli, Milano, Torino, Firenze, Bologna, Bari, Palermo, Cagliari e Venezia si arriva a un totale di venti monumenti, di cui solo otto sono statue a figura intera. Quasi sempre sono mogli, madri, partigiane, lavandaie e mondine, personaggi letterari e leggendari, figure religiose, donne o bambine morte tragicamente, benefattrici o lavoratrici con professioni fisicamente faticose.
Sono poche le donne realmente vissute. Fanno eccezione Anita Garibaldi, ricordata con il cognome del marito e spesso rappresentata insieme a lui, e Grazia Deledda, celebrata con quattro statue a Nuoro, un busto a Roma e un monumento a Cervia. “Solo un quinto delle donne è ricordata per un ruolo nel campo intellettuale, scientifico, artistico; i meriti sono soprattutto quelli del sacrificio e della cura”, spiega Ludovica Piazzi di Mi riconosci?.
Al Gianicolo, a Roma, Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva – questo il vero nome di Anita Garibaldi – cavalca con un neonato in braccio, a rimarcare l’idea di cura, anche se nell’altra mano stringe una pistola. E questo è l’unico monumento femminile a Roma situato in una piazza.
Con i suoi dieci monumenti femminili – due sono per Anna Magnani – la capitale è messa meglio di altre città, ma sono quasi tutti busti collocati nei parchi. Al Gianicolo ce n’è uno dedicato a Colomba Antonietti, morta per difendere la repubblica romana, e ad Acilia c’è quello di una madre con un bambino di Giacomo Manzù. Solo in un caso l’opera è stata scolpita da una donna ed è un busto di Deledda di Amelia Camboni al Pincio.
Corsa ai ripari
Milano ha anticipato l’indagine nazionale interrogandosi sull’assenza delle donne nello spazio pubblico con una ricerca condotta dallo scrittore Pino Landonio e il fotografo Giuseppe Cozzi. Delle 125 statue in città neanche una raffigurava una donna. Così nel 2021 è stata inaugurata la statua a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, “anticonformista, patriota, imprenditrice, viaggiatrice”, si legge sul sito del progetto.
Firenze, Napoli e Palermo non hanno statue femminili. Venezia ne ha una, dedicata alle partigiane. La prima versione, in ceramica policroma, raffigurava una donna con il fucile in mano ma fu fatta esplodere nel 1961 da un attacco fascista. La nuova versione, collocata nel 1969, rappresenta una donna morta, stesa su un basamento di pietra a pelo d’acqua. “Sembra che è affogata”, commenta Piazzi.
A Bologna ci sono una lavandaia nuda in una tinozza, una partigiana (con un partigiano), una madre e un monumento a 128 partigiane “morte per la libertà”. Un’iscrizione ne celebra il sacrificio: “È morta per te, ha lasciato la casa, i figli, il marito per la tua libertà. Donna spazza la casa in libertà, che la partigiana ha lasciato la casa per la libertà…”.
A Bari, dove i monumenti femminili sono due, la “donna d’acqua” è rappresentata travolta dal vento mentre saluta gli uomini in partenza sul mare. L’iscrizione dice: “Alla donna d’acqua, simbolo della donna universale, che dona la luce all’uomo. Alla sposa, custode del focolare e delle antiche memorie. Alla mater dolorosa, che in silenzio soffre le pene della solitudine…”.
Lo stereotipo della donna sofferente si alterna a corpi nudi fortemente sessualizzati. Ad Acquapendente le giornaliste Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, uccise sul lavoro, sono rappresentate nude. Una scelta ugualmente diffusa è quella di ringiovanire le donne raffigurate. Cristina Trivulzio di Belgiojoso è ricordata per l’impegno sociale portato avanti negli anni della maturità. Ma a Milano è raffigurata ventenne.
Il corpo femminile
“Lo scopo del censimento non era tanto conoscere il numero di monumenti femminili in Italia, ma come viene rappresentata la donna nello spazio pubblico”, afferma Piazzi. “Circa la metà è stata realizzata negli ultimi vent’anni, il che indica che è stata percepita un’assenza. Ma l’immagine della donna è molto stereotipata: lo spazio pubblico è ancora pensato da e per uomini. In alcuni casi i monumenti femminili rispondono alla volontà di far aumentare il turismo più che di omaggiare le donne. Le statue femminili sono usate per aumentare la visibilità, l’attrattiva di un luogo”.
A Sapri, in provincia di Salerno, l’inaugurazione di una statua alla Spigolatrice con il sedere ben visibile sotto un abito trasparente ha sollevato molte polemiche, ma ha anche attirato molti visitatori. “È una nuova forma di sfruttamento del corpo femminile”, conclude Piazzi. “Prima di parlare di nuove statue femminili bisogna riflettere su quello che c’è e perché, e che tipo di messaggio lo spazio pubblico veicola” .
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