L’Iran che vota
Venerdì 26 febbraio circa 55 milioni d’iraniani sono chiamati alle urne. Sono le prime elezioni dopo l’accordo nucleare del luglio 2015. Si vota per rinnovare il parlamento e l’assemblea degli esperti, due istituzioni attualmente dominate dai conservatori.
Gli iraniani dovranno scegliere tra oltre seimila candidati, tra i quali 586 donne, per rinnovare i 290 parlamentari, e tra 161 candidati per eleggere gli 88 membri dell’assemblea degli esperti.
Il presidente Hassan Rohani spera che il nuovo parlamento sostenga il suo programma di apertura e, secondo Le Monde, punta a formare un consenso che superi “la divisione tradizionale tra politici conservatori e riformatori a favore di un confronto tra pragmatici e radicali”.
L’assemblea degli esperti, formata da 88 religiosi, è responsabile della nomina e, eventualmente, della sostituzione della guida suprema. L’attuale guida, Ali Khamenei, che definisce le principali direzioni di politica interna ed estera, ha 76 anni. Gli esperti sono eletti per un periodo di otto anni e quindi potrebbero dover nominare il suo successore.
Le code ai seggi fanno pensare che l’affluenza sarà alta: i risultati delle piccole circoscrizioni e delle città di provincia saranno annunciati nel giro di 24 ore ma per quelli di Teheran bisognerà attendere tre giorni.