Pechino ha paura degli uiguri
Nella città di Kashgar, in Cina, tre volte al giorno il suono di una sirena obbliga i negozianti a uscire dalle loro botteghe e a impugnare dei bastoni: si tratta di esercitazioni, a cui partecipano anche le forze di sicurezza, che dovrebbero impedire degli ipotetici attacchi terroristici.
La città si trova nella regione autonoma dello Xinjiang, dove fino a poco tempo fa (prima che Pechino mandasse migliaia di nuovi abitanti di etnia han) la popolazione era a maggioranza uigura, un’etnia turcofona di religione musulmana che vive da secoli nel nordovest della Cina.
Il governo ha organizzato queste esercitazioni e messo in pratica nuove misure di sicurezza nella città per prevenire azioni terroristiche come quelle del 2014 nella provincia dello Yunnan, per le quali Pechino punta il dito contro la popolazione musulmana.
La paura degli uiguri, presentati come “l’armata cinese del gruppo Stato islamico”, ha aumentato le tensioni etniche nella regione. I provvedimenti contro questo gruppo sono in atto a Kashgar da alcuni mesi: telecamere di sicurezza obbligatorie davanti ai negozi, metal detector negli alberghi, nei centri commerciali e nelle moschee, il divieto di barbe troppo lunghe o di indossare il velo in luoghi pubblici.
Ma soprattutto sempre più controlli di polizia, per i quali sono stati reclutati trentamila nuovi agenti. Molti residenti di Kashgar credono che le nuove misure rappresentino un abuso: in pratica una forma di controllo totale. “Non abbiamo più privacy”, hanno dichiarato alla Reuters alcuni uiguri. “Ci sono circa cinquemila uiguri che creano problemi, ma il resto di noi, dieci milioni di persone, ne paga il prezzo”.
L’architetto di questo apparato di sicurezza, nominato ad agosto, è Chen Quanguo, che le aveva sperimentate in Tibet. I mezzi d’informazione statali rassicurano gli abitanti affermando che le esercitazioni e le altre misure servono solo a far sentire tutti più sicuri. Per il governo è tutto nella norma e il partito comunista cinese ha votato per continuare la “guerra al terrorismo” contro la minaccia islamica.