Questo libro comincia e finisce con la stessa foto: una bambina di spalle che guarda la terra in un campo arato. Avere due foto uguali in un libro di fotografia non è una cosa usuale, soprattutto in apertura e in chiusura.
Ho sfogliato Scalandrê di Marco Zanella, pubblicato di recente da Cesura Publish, penso una ventina di volte di seguito. Ne sono rimasta completamente affascinata. Ammetto di aver saputo di questo lavoro su Instagram e quando ho visto l’immagine dell’uomo steso sulla sua bici in una vigna, ho pensato fosse uscito un nuovo lavoro di Mark Steinmetz. Dopo avere letto il post, ho realizzato di non aver capito nulla e che invece stavo guardando qualcosa di inaspettato: nell’entroterra romagnolo c’era qualcuno che fotografava. Per chiarire, l’Emilia-Romagna ha una storia e un presente vivacissimi in termini di produzione visiva. Pensiamo a Luigi Ghirri e a Guido Guidi, senza scordare Federico Fellini, il SiFest, il collettivo Cesura appunto, l’Osservatorio fotografico e tanti altri autori e realtà che in 22.510 chilometri quadrati mantengono questo territorio estremamente ricco dal punto di vista della cultura fotografica. Però nel 2021 non solo c’era qualcuno che fotografava ma fotografava qualcosa di antico: la terra.
Cotignola, in provincia di Ravenna, è il luogo dove sono ambientate tutte le fotografie di Scalandrê, e dove il tempo sembra essersi fermato. “Sembra”, perché si tratta di un’illusione. Il fotografo, infatti, si trova di fronte un cambiamento epocale, segnato certo dalla pandemia, ma in realtà precedente e capace di sopravviverle: il cambiamento tecnologico. In una telefonata Zanella mi racconta che proprio quella foto, quella dell’uomo con la bici nella vigna, è stata scattata mentre l’uomo “spigolava” (raccoglieva i chicchi d’uva avanzati dalla vendemmia) dopo il passaggio di un’enorme macchina per la vendemmia automatizzata. Dice anche che forse tra cinque o sei anni tutti gli antichi filari delle vigne saranno sostituiti da nuovi filari, in grado di “resistere” meglio alla vendemmia meccanizzata.
Scalandrê è la registrazione di uno sfasamento (che in romagnolo sta per “fuori stagione”): una realtà provinciale italiana di retaggio contadino attraversata da una parentesi industriale, con un presente e un futuro di cambiamento incerto. Cotignola diventa il paradigma della storia di tante altre cittadine italiane, l’archetipo di un “paese” (come nell’omonima opera di Cesare Zavattini e Paul Strand). Tra i personaggi che popolano il progetto non ci sono persone di mezza età, ma solo anziani o giovani; opposti che si avvicinano come gli estremi di una linea retta che diventa un cerchio se piegata. Sono la ciclicità e la stagionalità, il ritmo dettato da un preciso momento dell’anno (sottolineati anche dall’editing del libro), i punti fondamentali del lavoro e della vita della comunità stessa.
Cosa comunica allora la bambina che guarda la terra? La sensazione che se ne ha non è di nostalgia o del classico “chissà dove andremo a finire”. Al contrario, la comunità di Cotignola “non respinge la modernità, ma la include e la rallenta. Nel suo ventre, essa si adatta e si trasforma. Insieme sopravvivono”, come dice l’autore.
Proprio a Cotignola dal 10 ottobre sarà possibile vedere la mostra del lavoro esposta all’Ex Ospedale Testi in occasione di Monumento Fiume, una collettiva dedicata al paese che raccoglie anche i lavori di Michele Buda (fotografo) e di Giovanni Lami (artista sonoro), entrambi prodotti durante una residenza a Cotignola tra il 2020 e 2021.
(Veronica Daltri)
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