Gli statunitensi in strada per protestare contro l’isolamento
In molti stati americani il 15 aprile ci sono state proteste contro le misure di distanziamento sociale e il blocco delle attività economiche. “La manifestazione più grande si è tenuta a Lansing, la capitale del Michigan, dove migliaia di persone si sono messe in coda in macchina nei pressi del parlamento statale, suonando i clacson e sventolando bandiere statunitensi”, scrive il New York Times. La protesta è stata ribattezzata “operation gridlock”, operazione ingorgo.
A Frankfort, in Kentucky, decine di persone si sono avvicinate in macchina al governatore che stava tenendo una conferenza stampa, urlandogli contro dal finestrino. A Raleigh, in North Carolina, una donna è stata arrestata per aver partecipato a una protesta con altre cento persone, violando le misure imposte dal governatore.
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“Altre manifestazioni sono in programma in Texas, Oregon e Washington, mentre le conseguenze sanitarie ed economiche dell’epidemia continuano a peggiorare, con più di 28mila morti e almeno 16 milioni di persone rimaste senza lavoro. Le proteste dimostrano che nonostante i rischi sanitari e il parere degli esperti, molti lavoratori sono sempre più preoccupati per la perdita dei salari”.
Il New York Times ha intervistato Tyler Miller, un uomo di 39 anni che sta organizzando una protesta nello stato di Washington: “Voglio che le persone stiano al sicuro, ma voglio anche che le loro libertà siano rispettate”. Le sue parole richiamano un elemento che distingue gli Stati Uniti dalla maggior parte dei paesi occidentali, cioè l’dea che il distanziamento sociale imposto dallo stato sia di per sé una violazione dei diritti individuali e quindi della costituzione. Questo elemento, secondo gli esperti, spiega in parte perché il paese ha fatto fatica a limitare i contagi nei primi giorni dell’epidemia.
In Michigan gli slogan più ricorrenti erano “Vivi libero o muori”, “Riteniamo il nostro governatore non essenziale” e “Make Michigan Work Again”.
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