“Le grandi aziende del settore dell’abbigliamento hanno approfittato della pandemia per sfruttare ancora di più i lavoratori che fabbricano i loro capi in Asia”, scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung. Alcune non hanno pagato i dipendenti e hanno fatto scadere i contratti licenziando tutti. Secondo uno studio realizzato dalla Clean clothes campaign, un’iniziativa che raggruppa 230 associazioni e sindacati, in sette grandi paesi asiatici in cui è diffusa l’industria tessile gli operai hanno perso entrate per quasi dodici miliardi di dollari. Dopo l’esplosione della pandemia hanno perso il posto di lavoro circa 1,6 milioni di persone attive nel settore, molte delle quali senza essere risarcite.
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Questo articolo è uscito sul numero 1419 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati