“L’Italia è orgogliosa di te”. Con queste parole il premier Mario Draghi si è congratulato con Lamont Marcell Jacobs, vincitore della medaglia d’oro nei cento metri alle Olimpiadi di Tokyo. In Italia il comprensibile orgoglio nazionale per gli atleti olimpici ha riacceso un dibattito sulla nazionalità. Quasi il 40 per cento dei componenti della squadra di atletica è nato all’estero o ha genitori stranieri, compreso Jacobs, nato in Texas da madre italiana.
In estate la ministra dell’interno Luciana Lamorgese ha proposto di modificare le norme sulla cittadinanza per promuovere l’integrazione. È una posizione condivisibile, visto che le leggi italiane sulla cittadinanza sono tra le più restrittive d’Europa. I bambini nati nel paese da genitori stranieri non possono chiedere la cittadinanza prima di compiere 18 anni, e il processo burocratico può durare fino a tre anni. Circa un milione di bambini residenti in Italia non ha la cittadinanza, compresi quelli che vanno a scuola e parlano perfettamente l’italiano. Mentre gli stranieri in grado di dimostrare di essere discendenti di italiani possono chiedere la cittadinanza, in base al principio dello ius sanguinis. Questo sistema favorisce la diaspora italiana ma ha creato una forma di cittadinanza basata sull’etnia che alimenta la discriminazione e i problemi d’identità in Italia. Alcuni paesi, come gli Stati Uniti, garantiscono la cittadinanza a chiunque nasca sul loro territorio (lo ius soli). Nessun paese d’Europa applica la stessa norma senza altre restrizioni, come i requisiti relativi alla residenza o alla cittadinanza di un genitore. Ma le regole italiane sono particolarmente severe. Le Francia permette ai figli degli immigrati di chiedere la cittadinanza a 13 anni.
In passato diversi tentativi di riforma si sono arenati. Prima della pandemia l’immigrazione era il tema più delicato della politica italiana. Questo significa che qualsiasi riforma dovrà essere graduale. Per esempio, invece di puntare direttamente allo ius soli, si potrebbe abbassare l’età a cui è possibile ottenere la cittadinanza. In realtà è difficile che l’argomento sia in cima alla lista delle priorità di Draghi, che deve già camminare su un filo sottile per creare un piano di riforme ambizioso e cercare di risollevare l’economia italiana. Per farlo dovrà gestire i partiti di destra che fanno parte della coalizione di governo, e che ogni estate si scagliano contro l’aumento del flusso di migranti dal Nordafrica.
Questo è il problema dell’Italia. Le vittorie degli atleti a Tokyo hanno evidenziato il contributo positivo degli immigrati al successo della nazione sul palcoscenico mondiale, ma la cittadinanza non dovrebbe mai dipendere da chi vince una medaglia olimpica. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1424 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati